Fissazione esterna scheletrica
Di Admin (del 30/10/2012 @ 19:15:31, in Chirurgia ortopedica, linkato 8442 volte)
E’un metodo chirurgico utile nel stabilizzare fratture o articolazioni mediante l’uso di chiodi percutanei che penetrano internamente le corticali ossee e che esternamente sono connessi a formare un telaio esterno.
Il dispositivo consiste in chiodi, barre e morsetti necessari per completare il telaio. Questi componenti possono essere assemblati secondo diversi arrangiamenti dando luogo a varie configurazioni ognuna delle quali possiede particolari proprietà biomeccaniche e cliniche. La fissazione esterna realizza una stabile fissazione di frammenti ossei con minimo danno a carico dei tessuti molli (cute, muscoli) e della vascolarizzazione ossea, la quale rappresenta il punto cardine, insieme alla stabilità della frattura, attorno cui ruota la formazione del callo osseo. Questa tecnica evita l’impianto di mezzi di sintesi nella sede di frattura o l’immobilizzazione di articolazioni adiacenti tramite bendaggi. Nella nostra struttura si utilizza la fissazione esterna nella maggior parte delle fratture, risultando particolarmente utile in caso di fratture scomposte (esposizione dell'osso) o comminute in cui si verifica notevole compromissione vascolare. L'applicazione di questa tecnica ci permette in molti casi di non aprire il focolaio di frattura, effettuando quindi un intervento a cielo chiuso. L’utilizzo dei fissatori esterni ci permette inoltre di minimizzare le complicanze legate alla formazione del callo osseo spesso dovute a deficit vascolare, infezioni, complicazioni legate alla guarigione della ferita chirurgica garantendo una rapida ripresa funzionale ed appoggio precoce dell’arto per assenza o diminuita formazione di edema e dolore postoperatorio (come dimostrato nelle figure 1 e 2 con relative radiografie). In questi termini l'applicazione di tale metodica finalizzata a favorire una corretta osteosintesi rientra nell'odierno concetto di "fissazione biologicamente orientata". Le tecniche di fissazione esterna hanno anche il vantaggio di non richiedere un nuovo intervento chirurgico per rimuovere a fine guarigione i mezzi di sintesi. Difatti per rimuovere una placca, sia a fine guarigione che nel caso di complicazioni, si richiede la necessità di incidere nuovamente la cute e i muscoli con la presenza di una nuova ferita chirurgica. Invece i chiodi di un impianto di fissazione esterna a fine guarigione possono semplicemente essere sfilati e svitati dall’esterno solo con una sedazione profonda. La fissazione esterna da sola o combinata con altre tecniche può inoltre essere utilizzata per bloccare temporaneamente articolazioni, per permettere la guarigione di tendini e legamenti e nel risanamento delle complesse e gravi fratture periarticolari o intrarticolari (ad esempio la frattura trocanterica o del collo femorale). Infine esistono particolari fissatori esterni di tipo "circolare” (metodica di Ilizarov) utilizzati per ottenere allungamento dei segmenti ossei e correzione di deformità angolari e trattamento di gravi pseudoartrosi. Casi clinici inerenti
Al proprietario è stato spiegato la necessità dell’intervento chirurgico per ottenere l’utilizzo dell’arto e una buona funzionalità del ginocchio. E’ stato applicato un chiodo centromidollare e un fissatore esterno (visibili nella radiografia post-operatoria). Dopo aver verificato l’iniziale formazione del callo osseo l'impianto è stato destabilizzato dopo 1 mese togliendo parte del fissatore esterno. Dopo 2 mesi, alla fine del processo di guarigione,sono stati tolti sia il resto dell'impianto esterno che il chiodo centromidollare.
Fu proposto un intervento ortopedico per applicare un fissatore esterno; il proprietario per motivi economici preferì eseguire un bendaggio sebbene questo non avrebbe garantito alte possibilità di guarigione per questo tipo di frattura. Alla rimozione del bendaggio, oltre a verificare la mancata formazione del callo osseo, la sorpresa più sgradevole fu di rilevare la fuoriuscita di un moncone osseo a margini appuntiti e taglienti che aveva attraversato la cute. Come era prevedibile il bendaggio non era stato sufficiente ad immobilizzare una frattura così instabile, anche a causa della vitalità di Gorby che aveva favorito la dislocazione mediale del moncone osseo prossimale con la relativa fuoriuscita attraverso la cute in un punto in cui i tessuti che ricoprivano l’osso erano molto sottili. L‘osso esposto era naturalmente necrotico. A questo punto il proprietario acconsentì all’intervento chirurgico che rappresentava l’unica soluzione al problema. Alla tibia di Gorby fu applicato un fissatore esterno tipo 1, dopo aver eseguito curettage alla parte necrotica di osso e ricostruito l'allineamento dei due monconi ossei. Dopo 50 giorni ,verificata la completa formazione di callo osseo, è stato rimosso l’impianto.
Romeo aveva il “vizietto” di andare a trovare l’amichetta del balcone adiacente passando sul corrimano della ringhiera. Nonostante la sua abilità, quel giorno cadde dal balcone del 3° piano, procurandosi una frattura esposta distale della tibia. Romeo venne sottoposto a tre giorni di antibiotici e pulizia chirurgica. Dopodichè fu deciso di applicare un fissatore esterno bilaterale modificato, anche se in questo specifico caso clinico c'erano la presenza di diversi elementi (esposizione dell’osso imbrattato di terra, perdita di una scheggia di osso, frattura periarticolare) che avrebbero potuto compromettere la formazione del callo osseo favorendo cosi lo sviluppo di una osteomielite e/o pseudoartrosi. Comunque sia l’applicazione di un fissatore esterno risultava essere l‘unica opzione chirurgica che poteva dare dei discreti risultati. Nonostante tutto la guarigione di Romeo risultò essere priva di qualsiasi complicanza, tant'è che iniziò ben presto ad effettuare le sue traversate sul corrimano del balcone; proprio per questo i suoi proprietari decisero di castrarlo in modo da limitare le sue escursioni da equilibrista.
La mattina del 25 Dicembre 2003 venne condotta in pronto soccorso presso la nostra struttura una cagnetta meticcia di circa cinque anni, di nome Liana, ospite del canile di Scafati, con una una grave frattura esposta di tibia. I gestori del canile, che con premura avevano condotto subito in pronto soccorso l'animale nostante il giorno festivo, raccontarono che la cagnetta aveva subito, circa una settimana prima, un morso alla zampa destra durante un'aggressione da parte di altri cani e venne condotta in visita presso un altro "collega" che, una volta appurato di trovarsi con una frattura da morso, decise di intervenire con una misera fasciatura. Tale scelta risultò del tutto inadeguata visto che aveva causato un'infezione ed una fuoriuscita dell’osso della tibia per circa 2 cm dalla cute. A Liana vennero quindi prestate le necessarie cure per evitare ulteriori e gravi infezioni al resto dell’osso, al fine di evitare l’amputazione dell’arto. Dopo 3 giorni di intensa terapia antibiotica locale e generale è stata operata asportando una scheggia di osso necrotico di circa 1,5 cm e applicando un fissatore esterno per stabilizzare la frattura. Dopo circa 2 mesi di trattamento, durante i quali Liana aveva ben tollerato il nostro impianto, si era formato un solido callo osseo. Anche se l'arto era più corto di 1,5 cm Liana non manifestava nessun deficit funzionale nell’utilizzo dell'arto.
Billy è un cane da caccia che abita in penisola sorrentina che presentava l’arto anteriore sinistro sollevato dal ritorno di una battuta di caccia. Con la radiografia abbiamo accertato la presenza di una frattura diafisaria parcellare dell’omero. Tenendo l'arto in trazione abbiamo allineato i monconi ossei e applicato un fissatore esterno.
Era stata investita diverse volte dai camion procurandosi solo escoriazioni e contusioni. L’ultima volta fu portata da noi per l’ennesimo investimento, dieci giorni dopo il trauma, in seguito al quale presentò fratture multiple al bacino e una frattura scheggiosa alla diafisi del femore sinistro. Dato i limiti economici imposti dal proprietario, si è preferito trattare chirurgicamente solo la frattura del femore che ci sembrava quella più invalidante se sottoposta unicamente ad un trattamento conservativo. Per la presenza di grosse schegge ossee nel focolaio di frattura, considerando inoltre che soggetti molto giovani e di grossa taglia tendono a produrre più rapidamente il callo osseo, si decise di applicare una tecnica biologicamente orientata. Stabilizzammo quindi la frattura con un fissatore esterno, dopo aver ottenuto un discreto allineamento dei monconi ossei, senza aprire il focolaio di frattura. Anita iniziò a camminare solo dopo 3 settimane, anche a causa della presenza delle fratture all'altezza del bacino. Tollerò bene il fissatore esterno per 45 giorni dopo i quali si notò la presenza di un callo osseo esuberante che aveva inglobato le grosse schegge ossee. Dopo la completa guarigione si propose al proprietario, già stufo di queste continue spese che doveva sostenere per il cane (!?!?!?!), di affidare l'animale a qualcuno che avesse maggior tempo e cura da dedicare ad Anita. Oggi Anita vive felicemente tra le montagne della Basilicata in un grosso giardino.
Dopo averlo sottoposto ad indagini radiografiche, si evidenziano a carico della tibia sinistra gli effetti di una frattura malconsolidata con formazione di callo fibrocartilagineo e deviazione angolare dell'osso. Questo tipo di frattura richiedeva necessariamente un trattamento "a cielo aperto" per ottenere un riallineamento anatomico dei due monconi. Ora Brook continua liberamente a correre, ma stavolta utilizzando tranquillamente tutte le sue quattro zampe!!!
Anestesia e chirurgia generale (1)
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T.A.C. (5)
Dott. Miele Roberto
Direttore Sanitario Orario visite
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