Displasia dell'anca
Di Admin (del 17/10/2012 @ 18:39:53, in Displasia dell'anca, linkato 13962 volte)
L’articolazione dell’anca è una delle più importanti e complesse articolazioni del sistema muscolo-scheletrico del cane. Proprio a causa della sua complessa struttura può essere colpita da diverse patologie, ma quella più diffusa e più invalidante è sicuramente la displasia.
La displasia dell’anca non è altro che un’anomalia dello sviluppo dell’articolazione che porta a conseguenze più o meno gravi sulla deambulazione dell’animale colpito, fino a provocare, nei casi più gravi, la totale immobilità.
Il dolore e la zoppia, che caratterizzano la sintomatologia, compromettono fortemente le capacità lavorative e le performance del cane displasico.
La prima descrizione scientifica della displasia dell’anca risale all’ormai lontano 1937, e da allora gli studi su questa complessa patologia articolare non si sono mai interrotti. Oggi la displasia è ben conosciuta in molti suoi aspetti e, da molti anni, veterinari e allevatori sono impegnati nel tentativo di ridurne l’incidenza nelle diverse razze canine. Nonostante ciò, ogni anno il numero dei cani colpiti è molto elevato.
L’articolazione dell’anca, nel cane, ricopre molteplici funzioni: sostenere tutto il peso della parte posteriore del corpo; permettere l’espressione della potenza durante la corsa; consentire la spinta verso l’alto nel salto; anche il semplice movimento di alzarsi dipende dalla corretta funzionalità dell’articolazione.
Da tali premesse possiamo capire quanto sia importante per il cane, soprattutto se destinato al lavoro, avere un’articolazione sana e ben conformata.
L’articolazione dell’anca o articolazione coxo-femorale è formata da una base ossea, rappresentata dal femore e dal bacino, e da una serie di tessuti di sostegno (capsula articolare, tendini, muscoli) che completano e rinforzano la struttura scheletrica.
In condizioni normali la testa del femore, di forma sferoidale, alloggia in una cavità del bacino (acetabolo) alla quale è fissata per mezzo di un corto ma robusto legamento (legamento rotondo) e di una capsula articolare.
La capsula circonda completamente l’articolazione e contiene un liquido viscoso (liquido sinoviale) che ha la funzione di lubrificare le superfici articolari durante il movimento. Anche i muscoli che circondano l’articolazione e che permettono la sua rotazione sono estremamente importanti per la stabilità della struttura.
Displasia: significato e comprensione della patologia
Il termine “displasia” deriva dal greco e significa “formazione anormale”.
La displasia dell’anca è quindi un’anomalia dello sviluppo dell' articolazione coxo-femorale che si evolve durante i primi anni di vita dell'animale.
La patologia è caratterizzata da incongruenza delle superfici articolari aggravata dalla lassità dei legamenti di sostegno.
I conseguenti movimenti anomali dell’articolazione provocano rimodellamento della testa del femore e dei margini dell’acetabolo accompagnati da erosione della cartilagine e neoformazioni ossee.
Questo porta, a seconda del grado di displasia, a conseguenze più o meno gravi nel corso della vita dell’animale: difatti le forme più leggere possono passare del tutto inosservate anche per molti anni, e solo in età adulta o addirittura quando il cane è ormai anziano esitano in forme artrosiche caratterizzate da lieve zoppia.
Invece il cane colpito da forme più gravi può manifestare, anche a pochi mesi di età, gravi difficoltà nella deambulazione fino ad arrivare alla completa immobilità. Esistono poi una infinità di situazioni intermedie le cui conseguenze sono spesso legale anche alla componente individuale.
La displasia è quindi una sindrome complessa caratterizzata da un’articolazione inizialmente non ben conformata nelle sue componenti fondamentali (osso, cartilagine, legamenti) e aggravata nel tempo da processi patologici sovrapposti.
È ormai accertato che non esiste un’unica causa che determina la displasia; si tratta di una patologia ad eziologia multifattoriale, provocata quindi da un'interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali, che in egual misura partecipano nell'insorgere dell'anomalia.
PREDISPOSIZIONE GENETICA
Numerosi studi hanno dato risultati molto diversi. È stato stimato che l’ereditabilità della displasia è molto variabile e oscilla tra 0,2 e 0,6.
Per capire l’importanza di questi numeri dobbiamo considerare che “ereditabilità 0” significa che una determinata caratteristica non è sotto controllo genetico e quindi non può essere trasmessa di genitori ai figli; “ereditibilità 1” significa che quella caratteristica è totalmente sotto controllo genetico.
La displasia quindi non è completamente ereditaria, ma si colloca in una posizione intermedia che varia da razza a razza, da Paese a Paese ed è influenzata dagli incroci delle diverse linee di sangue.
Inoltre la trasmissione della displasia è poligenica e complessa; non è infatti un singolo gene che controlla il processo di formazione dell’articolazione dell’anca, ma un numero imprecisato di geni, ciascuno dei quali assume il controllo di una parte del processo di formazione dell’articolazione.
Poiché non è possibile sapere se un cane sia portatore o meno dei geni che contribuiscono all’insorgenza alla displasia è necessario basarsi sulle manifestazioni cliniche esterne: è quindi di fondamentale importanza che un cane displasico, in quanto potenziale trasmettitore dei geni “difettosi”, sia escluso dalla riproduzione.
I figli di cani displasici hanno infatti una maggiore probabilità di essere displasici a loro volta. Purtroppo è anche vero che da cani perfettamente sani possono nascere figli con displasia, ma la probabilità che ciò avvenga è comunque notevolmente ridotta, soprattutto se si evita la consanguineità stretta e se si tengono sotto controllo i fattori ambientali predisponenti.
FATTORI AMBIENTALI
Nell'insorgenza della displasia in un soggetto entrano in gioco anche altre cause che sono legate soprattutto alle caratteristiche della razza, ad una scorretta alimentazione con eccesso di proteine e calcio e ad un esercizio eccessivo durante l'accrescimento.
Tali fattori giocano un ruolo fondamentale nella comparsa della malattia sia sui cani geneticamente predisposti che su quelli che non lo sono.
Razze predisposte
Il peso eccessivo che grava su una struttura scheletrica ancora debole e non completamente formata provoca con maggior facilità lesioni a carico dell’articolazione dell’anca, soprattutto se già displasica.
In generale, per le razze che hanno un peso adulto fino a 30 Kg, possiamo considerare nella norma un cucciolo che, a 4 mesi, ha raggiunto la metà del suo peso definitivo. I cuccioli di razze più pesanti raggiungono la metà del peso definitivo circa un mese più tardi. È importante quindi che il cucciolo venga regolarmente pesato e il suo peso dia confrontato con le curve di accrescimento specifiche per la razza.
Attenti all’eccesso di calcio
Tra gli errori nutrizionali più frequenti, oltre all’eccesso di energia, ricordiamo l’eccesso di calcio. Purtroppo è ancora radicata la convinzione che durante l’accrescimento sia indispensabile aggiungere un’integrazione di calcio anche quando viene utilizzato un mangime completo.
Aggiungere 2 cucchiaini di carbonato di calcio ad un mangime formulato appositamente per cuccioli in realtà può essere estremamente deleterio per il cane in accrescimento.
L’eccesso di calcio nella dieta provoca infatti modificazioni ormonali che inducono ritardo nella maturazione della cartilagine e dell’osso, oltre che rimodellamento delle superfici articolari e disturbi nei processi di ossificazione, provocando o aggravando una displasia latente.
I mangimi completi per cuccioli contengono la giusta quantità e il giusto rapporto tra i vari elementi minerali e non richiedono pertanto alcuna integrazione.
Diversamente, quando si alimenta il cucciolo con una dieta casalinga, è sicuramente più probabile andare incontro a una carenza di calcio, soprattutto se si utilizza un’alimentazione molto ricca di carne.
L’integrazione in questo caso è necessaria, ma deve essere fatta in maniera adeguata per non passare da uno stato carenziale a una situazione opposta.
Il giusto allenamento
Tra i fattori predisponenti e causali ricordiamo anche l’esercizio eccessivo. È sempre bene evitare salti e lunghe corse nei cuccioli che non hanno completato i processi di ossificazione.
Difatti una già difettosa conformazione dell’articolazione dell’anca, associata ad una scorretta gestione dell'esercizio fisico del cucciolo in accrescimento, determina una serie di stati patologici con gravità variabile che possono comportare serie conseguenze sulla deambulazione dell’animale.
Effettivamente si può verificare inizialmente, nel caso in cui l’incongruenza tra testa del femore e dell’acetabolo è marcata, la sublussazione della testa del femore, cioè la parziale fuoriscita della testa dal suo alloggiamento;
alla sublussazione fanno seguito altri eventi che concorrono ad aggravare il quadro patologico (erosione del cartilagine, rimodellamento osseo, artrite) fino alla comparsa degli elementi caratteristici dell’artrosi (fase cronica).
Nei casi più gravi la testa del femore può uscire completamente dall’acetabolo (lussazione).
Quadro Clinico
La sintomatologia della displasia è molto variabile e non sempre dipende dalla gravità della lesione osservabile radiograficamente.
I sintomi più frequenti, legati al processo infiammatorio, sono il dolore, la zoppia e l’asimmetria del passo durante la deambulazione.
Il cane fatica ad alzarsi e rifiuta di salire le scale; inoltre, nel tentativo di scaricare il peso dell’articolazione dolorante, l’andatura diventa incerta e anomala.
La corsa assume un aspetto caratteristico, il movimento è corto, contratto, per limitare l’oscillazione dell’articolazione.
Spesso si osserva, durante la corsa, un’andatura particolare che viene definita
“a coniglio”.
Le masse muscolari della coscia si riducono di volume e vanno incontro ad atrofia. La palpazione e la manipolazione dell’anca durante la visita clinica provocano dolore. A volte è udibile uno scricchiolio articolare durante il movimento. La gravità dei sintomi e la progressione della patologia sono legati al grado di estensione dell’artrite nell’articolazione interessata.
La diagnosi è facile quando la patologia è grave e la sintomatologia compare nei soggetti molto giovani, sotto i 10-12 mesi. In questi casi la radiografia servirà solo a confermare la diagnosi e a stabilire la gravità delle lesione.
L'esame radiografico
L’esame radiografico assume un aspetto importantissimo per le forme lievi e asintomatiche che possono riguardare i futuri riproduttori.
È assolutamente necessario sottoporre tutti i soggetti da destinare alla riproduzione, sia maschi che femmine, ad un controllo ufficiale per la displasia anche in assenza di segni clinici.
L’esame radiografico per il controllo ufficiale della displasia deve essere eseguito secondo un protocollo ben preciso che regola sia l’esecuzione pratica della radiografia sia la successiva lettura e interpretazione. I cani possono essere sottoposti a controllo radiografico dopo i 12 mesi di età (per alcune razze il controllo viene effettuato dopo i 18 mesi).
In Italia esistono due Centrali di Lettura Ufficiali accreditate dalla FCI per la displasia dell’anca: una a Ferrara gestita dal Dott. Pareschi e una a Cremona organizzata dalla Fondazione Salute Animale.
La radiografia può essere fatta presso un veterinario autorizzato che provvederà a spedirla, insieme al pedigree del cane, presso una delle due Centrali per l’interpretazione ufficiale.
Viene quindi espresso un giudizio sull’articolazione che, in base alla classificazione FCI, può essere:
In altri Paesi esistono altri metodi di classificazione.
Il più noto è il metodo “Willis”, utilizzato nel Regno Unito, che si basa sull’attribuzione di un punteggio alle varie strutture che compongono l’articolazione.
Difatti l'articolazione viene suddivisa in nove parametri ed ad ogni parametro viene conferito un punteggio compreso tra 0 e 6 (ad eccezione del parametro 7 che avrà un punteggio tra 0 e 5). Quindi ogni articolazione può avere un punteggio massimo di 53 punti, ottenendo perciò per ogni soggetto valutato un totale di 106 punti che sta ad indicare la massima gravità possibile della displasia.
Da qualche anno, l’Università della Pennsylvania ha messo a punto un nuovo e più approfondito sistema di valutazione che, negli Stati Uniti, sta suscitando l’interesse dei veterinari e di molte associazioni di razza.
Esso permette di individuare molto precocemente, in cuccioli tra i 4 e i 6 mesi, i soggetti potenzialmente displasici.
Questo metodo, detto PennHIP, si basa, attraverso l’esame di tre radiografie ottenute in tre diverse posizioni, sulla misurazione del grado di lassità dei legamenti prima che compaiano le lesioni articolari. Ciò potrebbe permettere di intervenire precocemente agendo soprattutto sui fattori causali ambientali.
Scelta della terapia
La consapevolezza che un cane displasico non può guarire deve essere la base fondamentale sulla quale designare l'adozione della giusta terapia, che quindi avrà come principale obiettivo il cercare di migliorare quanto più possibile la vita dell'animale.
La scelta della terapia deve basarsi essenzialmente su quelli che sono i segni clinici e sull’estensione dei fenomeni artritici e artrosici, deve cioè tendere a ridurre il dolore quando e se presente e a permettere una vita serena.
Ci sono cani che pur presentando articolazioni fortemente displasiche corrono, giocano e saltano come se niente fosse e altri che, con lesioni apparentemente meno gravi, sono completamente immobilizzati e manifestano forte dolorabilità.
La terapia può essere medica e/o chirurgica e sempre abbinata a una serie di misure che permettono di migliorare l’efficacia della terapia scelta, la quale, è bene rimarcare, non sarà però mai in grado di ristabilire pienamente la funzionalità dell’articolazione una volta compromessa.
La terapia medica si basa essenzialmente sull’uso di cicli di farmaci antinfiammatori non steroidei da somministrare sotto stretto controllo del veterinario con lo scopo di contenere il dolore quando è presente. Gli antinfiammatori possono essere eventualmente coadiuvati da sostanze e integratori che possono avere effetto protettivo sulle cartilagini.
La terapia chirurgica, invece, è costituita da almeno cinque tipi diversi di interventi chirurgici che possono essere presi in considerazione in base all’età del cane e alle lesioni presenti.
Tuttavia qualsiasi tipo di intervento scelto sarà comunque costoso, impegnativo, richiederà una lunga riabilitazione e non permetterà il ripristino della funzionalità totale dell’articolazione.
Nei cani giovani (al di sotto dei 10 mesi di età) e in assenza di fenomeni artritici, si può intervenire con la
triplice osteotomia del bacino (TPO).
Essa consiste nel modificare la posizione dell’acetabolo in modo da impedire lo sgusciamento verso l’alto della testa del femore. In alternativa, nei casi in cui si è già verificata la sublussazione del femore, è possibile ricostruire artificialmente parte dell’acetabolo mediante un trapianto osseo; l’osso viene prelevato dal bacino dello stesso animale.
Nei cani adulti, quando ormai si sono instaurate gravi lesioni refrattarie a qualsiasi terapia medica, è possibile ricorrere alla protesi dell’anca.
La protesi permette di ripristinare gran parte della funzionalità biomeccanica dell’articolazione, ma il ricorso a questo tipo di intervento è ancora limitato a causa dell’alto costo.
Quando i disturbi funzionali sono gravi si ricorre all’asportazione (ostectomia) della testa e del collo del femore.
In pratica questo intervento elimina il dolore dovuto allo sfregamento delle parti dell’articolazione ormai danneggiate e fa sì che si formi una falsa articolazione fibrosa in grado di sostenere l’animale.
L'intervento risulta avere un buon successo soprattutto nei cani al di sotto dei 20kg e con masse muscolari ancora ben sviluppate. Nei cani pesanti e con atrofia muscolare evidente i risultati sono scarsi o addirittura pessimi.
Insieme a qualsiasi tipo di terapia delineata è importante effettuare dei giusti provvedimenti che aiutino ad aumentare l'efficacia del trattamento.
Il primo accorgimento da intraprendere riguarda
il controllo del peso corporeo dell'animale.
Difatti bisogna evitare assolutamente l’eccessivo ingrassamento. L’aumento di peso può infatti aumentare gli stress meccanici che agiscono sull’articolazione.
Anche un moderato esercizio fisico può essere utile, dato che il movimento è importante per mantenere a un buon livello il tono muscolare in modo da permettere il sostegno dell’articolazione.
La giusta quantità di esercizio deve essere stabilita attraverso una serie di tentativi iniziando con piccole passeggiate, e deve essere tale da non provocare dolore all’animale. A questo scopo può essere molto utile il nuoto, in quanto da sì che il peso corporeo non gravi sull’articolazione compromessa.
L’artrite peggiora con il freddo e l’umidità: bisogna perciò tenere il cane in un luogo ben riscaldato, e nelle forme croniche possono essere applicati dei cuscinetti riscaldati o borse d'acqua calda sulle articolazioni.
IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE DI DISPLASIA D'ANCA NEL CUCCIOLO
Abbiamo visto come la displasia sia una patologia molto seria, in grado di compromettere anche gravemente la qualità di vita del cane e delle sue prestazioni fisiche, e soprattutto come le cure, sia mediche che chirurgiche, non siano in grado di riportate il cane a una completa e totale funzionalità articolare.
Per questi motivi è assolutamente indispensabile permettere una valutazione precoce dell'articolazione, in modo da consentire al medico veterinario di intercettare la malattia ai suoi esordi e di conseguenza attuare le misure necessarie per limitare il più possibile lo sviluppo.
L'età giusta che permette di effettuare una diagnosi precoce attendibile di displasia d'anca, in base ai dati disponibili in letteratura ed alla nostra esperienza, è di 12-16 settimane nei cani di taglia medio-grande e di
18 settimane nei cani di taglia gigante.
Difatti a tale età nel cucciolo in crescita compaiono i primi segni di alterazioni articolari che permettono al medico veterinario di stabilire l'eventuale tendenza allo sviluppo di una condizione patologica dell'anca;
addirittura nelle forme più gravi, con lussazione congenita dell'anca, la diagnosi può essere effettuata anche
più precocemente
Frequente è l'abitudine di non far controllare cuccioli che provengono da genitori non colpiti da displasia o perchè all'occhio del proprietario non vi è alcuna sintomatologia evidente (zoppia).
Ciò è estremamente errato poichè il fatto di discendere da genitori sani non garantisce al cucciolo di esserlo a sua volta, data la complessità della trasmissione poligenetica, cosi come molto raramente il cucciolo all'età di 3-4 mesi può manifestare segni clinici evidenti di displasia, ad eccezione delle forme più gravi, sia per il peso corporeo ancora ridotto e sia per la capacità della cartilagine articolare di sopportare gli insulti iniziali.
La valutazione precoce dell'articolazione coxo-femorale consiste in un dettagliato esame ortopedico costituito da una verifica clinica mediante palpazione dell'anca ed uno screening radiografico statico e dinamico che ci permette di individuare i segni prodromici della malattia, nonostante la tenera età dell'animale.
Quindi con il cucciolo leggermente sedato, affinchè non opponga resistenza alla manualità del medico veterinario, si inizia a palpare l'articolazione d'anca per verificare la positività al Test d'Ortolani, che fornisce una stima della stabilità della testa del femore all'interno della cavità acetabolare e quindi della presenza o meno di lassità articolare.
Difatti, nelle articolazioni affette da displasia d'anca, applicando una leggera pressione sul ginocchio, con il cane in decubito dorsale, è possibile ottenere la fuoriuscita e l'entrata della testa del femore dalla cavità acetabolare provocando un "click" caratteristico che prende il nome di segno d'Ortolani e che rappresenta la presenza di un' eccessiva lassità capsulo-legamentosa dell'articolazione.
Accertati quindi della presenza o meno di lassità articolare mediante test clinico è necessario comunque sottoporre il cucciolo ad un esame radiografico per verificare la morfologia dell'articolazione d'anca.
Tale studio sussiste di:
La displasia dell’anca non è altro che un’anomalia dello sviluppo dell’articolazione che porta a conseguenze più o meno gravi sulla deambulazione dell’animale colpito, fino a provocare, nei casi più gravi, la totale immobilità.
Il dolore e la zoppia, che caratterizzano la sintomatologia, compromettono fortemente le capacità lavorative e le performance del cane displasico.
La prima descrizione scientifica della displasia dell’anca risale all’ormai lontano 1937, e da allora gli studi su questa complessa patologia articolare non si sono mai interrotti. Oggi la displasia è ben conosciuta in molti suoi aspetti e, da molti anni, veterinari e allevatori sono impegnati nel tentativo di ridurne l’incidenza nelle diverse razze canine. Nonostante ciò, ogni anno il numero dei cani colpiti è molto elevato.
L’articolazione dell’anca, nel cane, ricopre molteplici funzioni: sostenere tutto il peso della parte posteriore del corpo; permettere l’espressione della potenza durante la corsa; consentire la spinta verso l’alto nel salto; anche il semplice movimento di alzarsi dipende dalla corretta funzionalità dell’articolazione.
Da tali premesse possiamo capire quanto sia importante per il cane, soprattutto se destinato al lavoro, avere un’articolazione sana e ben conformata.
L’articolazione dell’anca o articolazione coxo-femorale è formata da una base ossea, rappresentata dal femore e dal bacino, e da una serie di tessuti di sostegno (capsula articolare, tendini, muscoli) che completano e rinforzano la struttura scheletrica.
In condizioni normali la testa del femore, di forma sferoidale, alloggia in una cavità del bacino (acetabolo) alla quale è fissata per mezzo di un corto ma robusto legamento (legamento rotondo) e di una capsula articolare.
La capsula circonda completamente l’articolazione e contiene un liquido viscoso (liquido sinoviale) che ha la funzione di lubrificare le superfici articolari durante il movimento. Anche i muscoli che circondano l’articolazione e che permettono la sua rotazione sono estremamente importanti per la stabilità della struttura.
Displasia: significato e comprensione della patologia
Il termine “displasia” deriva dal greco e significa “formazione anormale”.
La displasia dell’anca è quindi un’anomalia dello sviluppo dell' articolazione coxo-femorale che si evolve durante i primi anni di vita dell'animale.
La patologia è caratterizzata da incongruenza delle superfici articolari aggravata dalla lassità dei legamenti di sostegno.
I conseguenti movimenti anomali dell’articolazione provocano rimodellamento della testa del femore e dei margini dell’acetabolo accompagnati da erosione della cartilagine e neoformazioni ossee.
Questo porta, a seconda del grado di displasia, a conseguenze più o meno gravi nel corso della vita dell’animale: difatti le forme più leggere possono passare del tutto inosservate anche per molti anni, e solo in età adulta o addirittura quando il cane è ormai anziano esitano in forme artrosiche caratterizzate da lieve zoppia.
Invece il cane colpito da forme più gravi può manifestare, anche a pochi mesi di età, gravi difficoltà nella deambulazione fino ad arrivare alla completa immobilità. Esistono poi una infinità di situazioni intermedie le cui conseguenze sono spesso legale anche alla componente individuale.
La displasia è quindi una sindrome complessa caratterizzata da un’articolazione inizialmente non ben conformata nelle sue componenti fondamentali (osso, cartilagine, legamenti) e aggravata nel tempo da processi patologici sovrapposti.
È ormai accertato che non esiste un’unica causa che determina la displasia; si tratta di una patologia ad eziologia multifattoriale, provocata quindi da un'interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali, che in egual misura partecipano nell'insorgere dell'anomalia.
PREDISPOSIZIONE GENETICA
Numerosi studi hanno dato risultati molto diversi. È stato stimato che l’ereditabilità della displasia è molto variabile e oscilla tra 0,2 e 0,6.
Per capire l’importanza di questi numeri dobbiamo considerare che “ereditabilità 0” significa che una determinata caratteristica non è sotto controllo genetico e quindi non può essere trasmessa di genitori ai figli; “ereditibilità 1” significa che quella caratteristica è totalmente sotto controllo genetico.
La displasia quindi non è completamente ereditaria, ma si colloca in una posizione intermedia che varia da razza a razza, da Paese a Paese ed è influenzata dagli incroci delle diverse linee di sangue.
Inoltre la trasmissione della displasia è poligenica e complessa; non è infatti un singolo gene che controlla il processo di formazione dell’articolazione dell’anca, ma un numero imprecisato di geni, ciascuno dei quali assume il controllo di una parte del processo di formazione dell’articolazione.
Poiché non è possibile sapere se un cane sia portatore o meno dei geni che contribuiscono all’insorgenza alla displasia è necessario basarsi sulle manifestazioni cliniche esterne: è quindi di fondamentale importanza che un cane displasico, in quanto potenziale trasmettitore dei geni “difettosi”, sia escluso dalla riproduzione.
I figli di cani displasici hanno infatti una maggiore probabilità di essere displasici a loro volta. Purtroppo è anche vero che da cani perfettamente sani possono nascere figli con displasia, ma la probabilità che ciò avvenga è comunque notevolmente ridotta, soprattutto se si evita la consanguineità stretta e se si tengono sotto controllo i fattori ambientali predisponenti.
FATTORI AMBIENTALI
Nell'insorgenza della displasia in un soggetto entrano in gioco anche altre cause che sono legate soprattutto alle caratteristiche della razza, ad una scorretta alimentazione con eccesso di proteine e calcio e ad un esercizio eccessivo durante l'accrescimento.
Tali fattori giocano un ruolo fondamentale nella comparsa della malattia sia sui cani geneticamente predisposti che su quelli che non lo sono.
Razze predisposte
Le razze di taglia medio-grande sono sicuramente quelle maggiormente colpite da displasia d'anca.
Errori nella gestione del cucciolo, soprattutto gli errori alimentari, favoriscono l’insorgenza della patologia.
È stato dimostrato che durante il periodo cruciale dell’accrescimento un’alimentazione iperenergetica, associata ad eccessiva attività fisica, determina l’aumento dell’incidenza della displasia.
Una corretta alimentazione assume quindi una grande importanza, soprattutto nei primi 6-9 mesi di vita del cane.
Errori nella gestione del cucciolo, soprattutto gli errori alimentari, favoriscono l’insorgenza della patologia.
È stato dimostrato che durante il periodo cruciale dell’accrescimento un’alimentazione iperenergetica, associata ad eccessiva attività fisica, determina l’aumento dell’incidenza della displasia.
Una corretta alimentazione assume quindi una grande importanza, soprattutto nei primi 6-9 mesi di vita del cane.
Il peso eccessivo che grava su una struttura scheletrica ancora debole e non completamente formata provoca con maggior facilità lesioni a carico dell’articolazione dell’anca, soprattutto se già displasica.
In generale, per le razze che hanno un peso adulto fino a 30 Kg, possiamo considerare nella norma un cucciolo che, a 4 mesi, ha raggiunto la metà del suo peso definitivo. I cuccioli di razze più pesanti raggiungono la metà del peso definitivo circa un mese più tardi. È importante quindi che il cucciolo venga regolarmente pesato e il suo peso dia confrontato con le curve di accrescimento specifiche per la razza.
Attenti all’eccesso di calcio
Tra gli errori nutrizionali più frequenti, oltre all’eccesso di energia, ricordiamo l’eccesso di calcio. Purtroppo è ancora radicata la convinzione che durante l’accrescimento sia indispensabile aggiungere un’integrazione di calcio anche quando viene utilizzato un mangime completo.
Aggiungere 2 cucchiaini di carbonato di calcio ad un mangime formulato appositamente per cuccioli in realtà può essere estremamente deleterio per il cane in accrescimento.
L’eccesso di calcio nella dieta provoca infatti modificazioni ormonali che inducono ritardo nella maturazione della cartilagine e dell’osso, oltre che rimodellamento delle superfici articolari e disturbi nei processi di ossificazione, provocando o aggravando una displasia latente.
I mangimi completi per cuccioli contengono la giusta quantità e il giusto rapporto tra i vari elementi minerali e non richiedono pertanto alcuna integrazione.
Diversamente, quando si alimenta il cucciolo con una dieta casalinga, è sicuramente più probabile andare incontro a una carenza di calcio, soprattutto se si utilizza un’alimentazione molto ricca di carne.
L’integrazione in questo caso è necessaria, ma deve essere fatta in maniera adeguata per non passare da uno stato carenziale a una situazione opposta.
Il giusto allenamento
Tra i fattori predisponenti e causali ricordiamo anche l’esercizio eccessivo. È sempre bene evitare salti e lunghe corse nei cuccioli che non hanno completato i processi di ossificazione.
Difatti una già difettosa conformazione dell’articolazione dell’anca, associata ad una scorretta gestione dell'esercizio fisico del cucciolo in accrescimento, determina una serie di stati patologici con gravità variabile che possono comportare serie conseguenze sulla deambulazione dell’animale.
Effettivamente si può verificare inizialmente, nel caso in cui l’incongruenza tra testa del femore e dell’acetabolo è marcata, la sublussazione della testa del femore, cioè la parziale fuoriscita della testa dal suo alloggiamento;
alla sublussazione fanno seguito altri eventi che concorrono ad aggravare il quadro patologico (erosione del cartilagine, rimodellamento osseo, artrite) fino alla comparsa degli elementi caratteristici dell’artrosi (fase cronica).
Nei casi più gravi la testa del femore può uscire completamente dall’acetabolo (lussazione).
Quadro Clinico
La sintomatologia della displasia è molto variabile e non sempre dipende dalla gravità della lesione osservabile radiograficamente.
I sintomi più frequenti, legati al processo infiammatorio, sono il dolore, la zoppia e l’asimmetria del passo durante la deambulazione.
Il cane fatica ad alzarsi e rifiuta di salire le scale; inoltre, nel tentativo di scaricare il peso dell’articolazione dolorante, l’andatura diventa incerta e anomala.
La corsa assume un aspetto caratteristico, il movimento è corto, contratto, per limitare l’oscillazione dell’articolazione.
Spesso si osserva, durante la corsa, un’andatura particolare che viene definita
“a coniglio”.
Le masse muscolari della coscia si riducono di volume e vanno incontro ad atrofia. La palpazione e la manipolazione dell’anca durante la visita clinica provocano dolore. A volte è udibile uno scricchiolio articolare durante il movimento. La gravità dei sintomi e la progressione della patologia sono legati al grado di estensione dell’artrite nell’articolazione interessata.
La diagnosi è facile quando la patologia è grave e la sintomatologia compare nei soggetti molto giovani, sotto i 10-12 mesi. In questi casi la radiografia servirà solo a confermare la diagnosi e a stabilire la gravità delle lesione.
L'esame radiografico
L’esame radiografico assume un aspetto importantissimo per le forme lievi e asintomatiche che possono riguardare i futuri riproduttori.
È assolutamente necessario sottoporre tutti i soggetti da destinare alla riproduzione, sia maschi che femmine, ad un controllo ufficiale per la displasia anche in assenza di segni clinici.
L’esame radiografico per il controllo ufficiale della displasia deve essere eseguito secondo un protocollo ben preciso che regola sia l’esecuzione pratica della radiografia sia la successiva lettura e interpretazione. I cani possono essere sottoposti a controllo radiografico dopo i 12 mesi di età (per alcune razze il controllo viene effettuato dopo i 18 mesi).
In Italia esistono due Centrali di Lettura Ufficiali accreditate dalla FCI per la displasia dell’anca: una a Ferrara gestita dal Dott. Pareschi e una a Cremona organizzata dalla Fondazione Salute Animale.
La radiografia può essere fatta presso un veterinario autorizzato che provvederà a spedirla, insieme al pedigree del cane, presso una delle due Centrali per l’interpretazione ufficiale.
Viene quindi espresso un giudizio sull’articolazione che, in base alla classificazione FCI, può essere:
- Grado A – normale, nessun segno di displasia
- Grado B – forma di transizione, quasi normale
- Grado C – leggera displasia
- Grado D – media displasia
- Grado E – grave displasia.
In altri Paesi esistono altri metodi di classificazione.
Il più noto è il metodo “Willis”, utilizzato nel Regno Unito, che si basa sull’attribuzione di un punteggio alle varie strutture che compongono l’articolazione.
Difatti l'articolazione viene suddivisa in nove parametri ed ad ogni parametro viene conferito un punteggio compreso tra 0 e 6 (ad eccezione del parametro 7 che avrà un punteggio tra 0 e 5). Quindi ogni articolazione può avere un punteggio massimo di 53 punti, ottenendo perciò per ogni soggetto valutato un totale di 106 punti che sta ad indicare la massima gravità possibile della displasia.
Da qualche anno, l’Università della Pennsylvania ha messo a punto un nuovo e più approfondito sistema di valutazione che, negli Stati Uniti, sta suscitando l’interesse dei veterinari e di molte associazioni di razza.
Esso permette di individuare molto precocemente, in cuccioli tra i 4 e i 6 mesi, i soggetti potenzialmente displasici.
Questo metodo, detto PennHIP, si basa, attraverso l’esame di tre radiografie ottenute in tre diverse posizioni, sulla misurazione del grado di lassità dei legamenti prima che compaiano le lesioni articolari. Ciò potrebbe permettere di intervenire precocemente agendo soprattutto sui fattori causali ambientali.
Scelta della terapia
La consapevolezza che un cane displasico non può guarire deve essere la base fondamentale sulla quale designare l'adozione della giusta terapia, che quindi avrà come principale obiettivo il cercare di migliorare quanto più possibile la vita dell'animale.
La scelta della terapia deve basarsi essenzialmente su quelli che sono i segni clinici e sull’estensione dei fenomeni artritici e artrosici, deve cioè tendere a ridurre il dolore quando e se presente e a permettere una vita serena.
Ci sono cani che pur presentando articolazioni fortemente displasiche corrono, giocano e saltano come se niente fosse e altri che, con lesioni apparentemente meno gravi, sono completamente immobilizzati e manifestano forte dolorabilità.
La terapia può essere medica e/o chirurgica e sempre abbinata a una serie di misure che permettono di migliorare l’efficacia della terapia scelta, la quale, è bene rimarcare, non sarà però mai in grado di ristabilire pienamente la funzionalità dell’articolazione una volta compromessa.
La terapia medica si basa essenzialmente sull’uso di cicli di farmaci antinfiammatori non steroidei da somministrare sotto stretto controllo del veterinario con lo scopo di contenere il dolore quando è presente. Gli antinfiammatori possono essere eventualmente coadiuvati da sostanze e integratori che possono avere effetto protettivo sulle cartilagini.
La terapia chirurgica, invece, è costituita da almeno cinque tipi diversi di interventi chirurgici che possono essere presi in considerazione in base all’età del cane e alle lesioni presenti.
Tuttavia qualsiasi tipo di intervento scelto sarà comunque costoso, impegnativo, richiederà una lunga riabilitazione e non permetterà il ripristino della funzionalità totale dell’articolazione.
Nei cani giovani (al di sotto dei 10 mesi di età) e in assenza di fenomeni artritici, si può intervenire con la
triplice osteotomia del bacino (TPO).
Essa consiste nel modificare la posizione dell’acetabolo in modo da impedire lo sgusciamento verso l’alto della testa del femore. In alternativa, nei casi in cui si è già verificata la sublussazione del femore, è possibile ricostruire artificialmente parte dell’acetabolo mediante un trapianto osseo; l’osso viene prelevato dal bacino dello stesso animale.
Nei cani adulti, quando ormai si sono instaurate gravi lesioni refrattarie a qualsiasi terapia medica, è possibile ricorrere alla protesi dell’anca.
La protesi permette di ripristinare gran parte della funzionalità biomeccanica dell’articolazione, ma il ricorso a questo tipo di intervento è ancora limitato a causa dell’alto costo.
Quando i disturbi funzionali sono gravi si ricorre all’asportazione (ostectomia) della testa e del collo del femore.
In pratica questo intervento elimina il dolore dovuto allo sfregamento delle parti dell’articolazione ormai danneggiate e fa sì che si formi una falsa articolazione fibrosa in grado di sostenere l’animale.
L'intervento risulta avere un buon successo soprattutto nei cani al di sotto dei 20kg e con masse muscolari ancora ben sviluppate. Nei cani pesanti e con atrofia muscolare evidente i risultati sono scarsi o addirittura pessimi.
Insieme a qualsiasi tipo di terapia delineata è importante effettuare dei giusti provvedimenti che aiutino ad aumentare l'efficacia del trattamento.
Il primo accorgimento da intraprendere riguarda
il controllo del peso corporeo dell'animale.
Difatti bisogna evitare assolutamente l’eccessivo ingrassamento. L’aumento di peso può infatti aumentare gli stress meccanici che agiscono sull’articolazione.
Anche un moderato esercizio fisico può essere utile, dato che il movimento è importante per mantenere a un buon livello il tono muscolare in modo da permettere il sostegno dell’articolazione.
La giusta quantità di esercizio deve essere stabilita attraverso una serie di tentativi iniziando con piccole passeggiate, e deve essere tale da non provocare dolore all’animale. A questo scopo può essere molto utile il nuoto, in quanto da sì che il peso corporeo non gravi sull’articolazione compromessa.
L’artrite peggiora con il freddo e l’umidità: bisogna perciò tenere il cane in un luogo ben riscaldato, e nelle forme croniche possono essere applicati dei cuscinetti riscaldati o borse d'acqua calda sulle articolazioni.
IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE DI DISPLASIA D'ANCA NEL CUCCIOLO
Abbiamo visto come la displasia sia una patologia molto seria, in grado di compromettere anche gravemente la qualità di vita del cane e delle sue prestazioni fisiche, e soprattutto come le cure, sia mediche che chirurgiche, non siano in grado di riportate il cane a una completa e totale funzionalità articolare.
Per questi motivi è assolutamente indispensabile permettere una valutazione precoce dell'articolazione, in modo da consentire al medico veterinario di intercettare la malattia ai suoi esordi e di conseguenza attuare le misure necessarie per limitare il più possibile lo sviluppo.
L'età giusta che permette di effettuare una diagnosi precoce attendibile di displasia d'anca, in base ai dati disponibili in letteratura ed alla nostra esperienza, è di 12-16 settimane nei cani di taglia medio-grande e di
18 settimane nei cani di taglia gigante.
Difatti a tale età nel cucciolo in crescita compaiono i primi segni di alterazioni articolari che permettono al medico veterinario di stabilire l'eventuale tendenza allo sviluppo di una condizione patologica dell'anca;
addirittura nelle forme più gravi, con lussazione congenita dell'anca, la diagnosi può essere effettuata anche
più precocemente
Frequente è l'abitudine di non far controllare cuccioli che provengono da genitori non colpiti da displasia o perchè all'occhio del proprietario non vi è alcuna sintomatologia evidente (zoppia).
Ciò è estremamente errato poichè il fatto di discendere da genitori sani non garantisce al cucciolo di esserlo a sua volta, data la complessità della trasmissione poligenetica, cosi come molto raramente il cucciolo all'età di 3-4 mesi può manifestare segni clinici evidenti di displasia, ad eccezione delle forme più gravi, sia per il peso corporeo ancora ridotto e sia per la capacità della cartilagine articolare di sopportare gli insulti iniziali.
La valutazione precoce dell'articolazione coxo-femorale consiste in un dettagliato esame ortopedico costituito da una verifica clinica mediante palpazione dell'anca ed uno screening radiografico statico e dinamico che ci permette di individuare i segni prodromici della malattia, nonostante la tenera età dell'animale.
Quindi con il cucciolo leggermente sedato, affinchè non opponga resistenza alla manualità del medico veterinario, si inizia a palpare l'articolazione d'anca per verificare la positività al Test d'Ortolani, che fornisce una stima della stabilità della testa del femore all'interno della cavità acetabolare e quindi della presenza o meno di lassità articolare.
Difatti, nelle articolazioni affette da displasia d'anca, applicando una leggera pressione sul ginocchio, con il cane in decubito dorsale, è possibile ottenere la fuoriuscita e l'entrata della testa del femore dalla cavità acetabolare provocando un "click" caratteristico che prende il nome di segno d'Ortolani e che rappresenta la presenza di un' eccessiva lassità capsulo-legamentosa dell'articolazione.
Accertati quindi della presenza o meno di lassità articolare mediante test clinico è necessario comunque sottoporre il cucciolo ad un esame radiografico per verificare la morfologia dell'articolazione d'anca.
Tale studio sussiste di:
- una proiezione ventrodorsale standard a zampe estese, del tutto uguale a quella a cui si sottopongono i riprodotturi per il controllo ufficiale della displasia, che ci fornisce importanti informazioni sulla struttura dell'articolazione (conformazione del bordo acetabolare craniale, profondità dell'acetabolo, forma del collo e della testa del femore) e sulla presenza di segni precoci d'artrosi (sclerosi subcondrale, osteofiti sulla testa e sul collo del femore).
- una proezione DAR (Dorsal Acetabular Rim), ossia del tetto acetabolare, con il soggetto posizionato in decubito sternale e gli arti posteriori estesi cranialmente e posizionati ai lati del corpo
utile per ottenere una piena descrizione sulla forma e sull'inclinazione del margine acetabolare dorsale, ossia la porzione d'acetabolo maggiormente soggetta al carico ponderale dell'animale. Difatti la parte laterale di tale margine in un soggetto sano si presenta netta ed appuntita, con la testa del femore perfettamente accolta nella cavità acetabolare, e con un'inclinazione rispetto alla linea tracciata perpendicolarmente all'asse maggiore del bacino inferiore a 7,5°.