Servizi
(del 24/05/2017 @ 19:02:15, in Servizi, linkato 634 volte)
Di seguito i servizi offerti dal nostro ambulatorio:
Come, quando e perchè pulire le orecchie
(del 30/01/2016 @ 20:02:50, in Igiene del condotto auricolare, linkato 2677 volte)
Quando in una casa arriva un animale da compagnia è sempre una gran festa, ma se veramente avete intenzione di prendervi cura di lui nello stesso modo in cui lui porta allegria nelle vostre giornate, non dimenticate mai che è un essere vivo e che ha bisogno di tante attenzioni. Pulizia, benessere ed allegria vanno sempre a braccetto, quindi non trascurate mai l'igiene del vostro compagno a quattro zampe, partendo dai punti più delicati come per esempio le orecchie. Difatti le orecchie del vostro animale sono organi delicati che hanno bisogno di cure ed attenzioni particolari, specialmente in quelle razze canine che sono maggiormente predisposte a problemi auricolari, grazie alla forma pendula dell'orecchio, quali Cocker, Beagle, Bassett Hound, Labrador, Bulldog, etc. Le orecchie sono rivestite di cute e una pulizia accurata evita la formazine di un pabulum ideale per la moltiplicazione di batteri e lieviti come la Malassezia. Se non c'è tale pabulum sarà più difficile per lieviti e batteri instaurare patologie come per esempio le otiti. Le otiti però, oltre che batteriche o da lieviti, possono essre anche ceruminose, ovvero causate da una sovrapproduzione di cerume. Spesso la quantità di cerume aumenta per una cattiva alimentazione o per stati di allergia e/o intolleranze alimentari. In ogni caso, un'accurata pulizia delle orecchie può aiutare a prevenire problemi più seri. Tenere le orecchie del vostro compagno a quattro zampe accuratamente pulite, non è quindi solo una questione di igiene, ma anche e soprattutto una forma di prevenzione molto efficace! Pulire le orecchie del vostro compagno a quattro zampe però non è sempre la cosa più facile del mondo. Per quanto stiate attenti a non fargli capire le vostre intenzioni, non appena vi avvicinerete pronti per la pulizia, ecco che il vostro amico scapperà a rifuggiarsi sotto il divano o nello sgabuzzino, e se lo scoverete comincerà a ribellarsi rendendo l'operazione davvero complicata. Per questo un buon consiglio affinchè il vostro animale si abitui a questa opera di pulizia delle orecchie è sia di cominciare questa manualità sin da quando sono cuccioli che somministrare ogni volta un bocconcino come premio alla fine della pulizia! In questo modo riuscirete a far accettare al vostro animale l'operazione di pulizia delle sue orecchie, riducendo sensibilmente la possibilità di insorgenza di malattie a carico del condotto uditivo o comunque rendere più efficace la cura a carico di quest'organo qualora vi siano problematiche di vario genere. Per la pulizia dell'orecchio del vostro animale non è necessario l'utilizzo di molti prodotti, difatti ciò che occorre è solamente un detergente auricolare veterinario in grado di garantire lo scioglimento del cerume in modo da favorirne l'asportazione tramite ovatta o fazzolettino di carta. Difatti solo attraverso una buona pulizia del condotto è possibile garantire l'efficacia dell'azione curativa locale di un eventuale farmaco auricolare, che viene solitamente prescritto dal medico veterinario in corso di otiti a carico dell'orecchio. Per un'applicazione corretta della procedura di pulizia del condotto uditivo del vostro animale basta seguire pochi semplici passi come illustrati nel video a seguire: Fate molta attenzione a non usare MAI qualsiasi tipo di cotton-fioc per la pulizia dell'orecchio umano. Poichè il canale auricolare degli animali ha una forma diversa, l'utilizzo di questi bastoncini in maniera non appropiata potrebbe essere causa di dolore o di traumi alla membrana timpanica dell'orecchio del vostro compagno a quattro zampe.
Moduli per esame T.A.C.
(del 29/12/2015 @ 18:37:50, in MODULISTICA, linkato 534 volte)
Di seguito è possibile scaricare il modulo di Consenso Informato all'esecuzione dell'esame T.A.C. ed alla somministrazione del mezzo di contrasto ed il modulo di Richiesta tramite cui il Medico Veterinario Referente potrà specificare il settore anatomico da esaminare o richiedere, eventualmente, una visita specialistica prima di effettuare l'esame. I seguenti moduli, una volta compilati, possono essere presentati presso l'ambulatorio o inviati via email all'indirizzo info@vetmiele.it
Modulo di RICHIESTA esame T.A.C. Modulo di CONSENSO esame T.A.C.
Servizi
(del 26/12/2015 @ 23:37:04, in SERVIZI dell'AMBULATORIO, linkato 390 volte)
Di seguito i servizi offerti dal nostro ambulatorio:
Tomografia Assiale Computerizzata
(del 26/12/2015 @ 17:51:11, in Tomografia Assiale Computerizzata (T.A.C.), linkato 851 volte)
La Tomografia Assiale Computerizzata (T.A.C.) è una metodica diagnostica non invasiva che sfrutta, al pari delle tradizionali metodiche radiologiche, i Raggi X. Tale tecnica studia il corpo per strati di spessore variabile da 1 a 10 mm (slice) a seconda delle esigenze cliniche ed esclusivamente secondo un piano trasverso e assiale. Le informazioni provenienti da un sistema di rilevamento dei raggi X, proiettati attraverso il soggetto da esaminare, vengono elaborati da un computer e trasformate in immagini. In pratica consente di tagliare a fette il paziente permettendo di riconoscere lesioni altrimenti difficilmente riconoscibili attraverso l'uso di altre metodiche diagnostiche.
Negli animali da compagnia l'utilizzo di tale tecnica è notevolmente aumentata grazie al maggior apporto diagnostico offerto rispetto alla tradizionale radiologia. La precocità della diagnosi è un elemento fondamentale per trattare molte patologie di origine neoplastica e non; difatti la tempestività e precisione diagnostica permettono spesso di ottenere una guarigione completa rispetto ad una patologia diagnosticata tardivamente e tali fattori sono ottenibili anche grazie alle ricostruzioni coronali, sagittali ed in 3D attraverso le quali la lesione viene studiata sotto diversi punti di vista.
La sensibilità della T.A.C. può essere ulteriormente aumentata ripetendo l'acquisizione delle immagini dopo la somministrazione di un mezzo di contrasto, che migliora la visualizzazione dei processi infiammatori, dei tessuti molto vascolarizzati (come ad esempio nei tumori) e delle anomalie vascolari (negli shunt vascolari). E' quindi giusto che la T.A.C. diventi una modalità diagnostica di comune impiego all'interno della medicina veterinaria, cosi come lo è già per la medicina umana, sottolineando che tale procedura diagnostica non sostituisce uno studio radiografico ma bensì ne aumenta le capacità diagnostiche.
I CAMPI DI APPLICAZIONE DI UN ESAME T.A.C. Comunemente l'esame T.A.C. è considerato un esame di 2° livello al quale ricorrere quando permangono dubbi diagnostici a cui esami radiologici ed ecografici, più semplici e meno costosi, non abbiano saputo dare risposta. La T.A.C. è in grado di fornire immagini assiali di ogni distretto corporeo; dai quali è possibile ottenere, attraverso l'uso di appositi software dedicati, un'elaborazione multiplanare e tridimensionale delle immagini acquisite. Per questo motivo i campi di applicazione di tale metodica sono tra i più vari, dall'ambito oncologico fino al campo ortopedico o neurologico.
1.Stadiazione delle lesioni neoplastiche (TMN) sia superficiali (es. Fibrosarcoma felino) che endocavitarie (es.neoplasie toraciche, addominali o del cavo pelvico). In particolare per il sarcoma iniettivo del gatto, oltre la valutazione dei margini, è importante valutare le skip metastasis (piccole metastasi a distanza non identificabili alla palpazione e visibili solo all'esame T.A.C.) 2.Valutazione delle dimensioni della lesione, dell'origine, dei rapporti con le strutture contigue, delle caratteristiche tomodensitometriche e contrastografiche 3.Valutazione dei linfonodi loco-regionali a distanza 4.Esecuzione di biopsie con millimetrica precisione
1.Paratopie discali (MieloTC) 2.Traumi spinali, fratture del rachide/lussazioni/sublussazioni 3.Instabilità vertebrali: studi dinamici (es.instabilità atlanto-assiale o lombo-sacrale) 4.Patologie malformative congenite del rachide o del cranio 5.Discospondiliti o spondiliti 6.Lesioni neoplastiche intracraniche 7.Patologie traumatiche del cranio o dell'encefalo (lesioni ossee ed emorragie subdurali ed intraparenchimali) 8.Patologie delle cavità nasali e dei seni frontali, del faringe e rinofaringe 9.Patologie dell'orecchio (medio ed interno) e dello spazio retrobulbare 10.Patologie dentarie o patologie odontopatiche secondarie 11.Patologie delle ghiandole salivari (sialocele, rotture, neoplasie) PATOLOGIE DEL TORACE 1.Lesioni neoplastiche primarie e metastatiche. Ago aspirato Tac guidato 2.Patologie vascolari (es.PDA, malformazioni grossi vasi toracici o cardiache) 3.Valutazioni di bolle polmonari e lesioni enfisematose 4.Corpi estranei 5.Pneumotorace non traumatico 6.Masse pleuriche e della parete toracica 7.Valutazioni di masse mediastiniche 8.LinfoTac in corso di chilotorace ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA 1.Displasia del gomito (valutazione di FCP, OCD e del grado di incogruenza articolare) 2.Displasia di spalla/instabilità di spalla 3.Deviazioni assiali degli arti (es.nella lussazione rotulea) 4.Valutazioni delle fratture complesse (es.fratture o lussazioni di carpo o tarso, fratture maxillo-facciali, fratture o lussazioni temporomandibolari)
1.Lesioni neoplastiche primarie e metastatiche 2.Shunt porto sistemici (diagnosi e planning chirurgico) 3.Uretere ectopico (maggiore sensibilità rispetto all'urografia discedente) 4.Patologie malformative a carico degli organi o vasi addominali 5.Valutazione di corpi estranei o loro tragitti fistolosi superficiali Il Mezzo di Contrasto Nella maggior parte degli esami T.A.C. da eseguire è richiesto l'impiego del mezzo di contrasto (m.d.c), ovverosia un liquido radio-opaco che, inoculato per via endovenosa, permette di evidenziare al meglio gli organi, le strutture vascolari ed i processi patologici, ottenendo in questo modo immagini più nitide. L'uso del mezzo di contrasto per via endovenosa è di routine nella maggior parte dei protocolli di studio dell'encefalo, dell'addome o del torace, mentre non è strettamente necessario nell'indagine dei distretti scheletrici ed articolari. Esecuzione di un esame T.A.C. L'esame deve essere necessariamente eseguito in anestesia generale poichè è necessario che il paziente resti costantemente nella stessa posizione, anche per ottenere immagini di qualità diagnostica ottimale. Per minimizzare i rischi anestesiologici, il paziente deve essere sottoposto a visita pre-anestestica e screening biochimico ed ematologico (da eseguire presso il medico referente o presso la nostra struttura previo appuntamento). Inoltre per l'esecuzione dell'anestesia è importante che il paziente sia a digiuno da almeno 8 ore; è necessario altresì portare con sè tutta la documentazione clinico-diagnostica in possesso riferita al paziente (per esempio precedenti esami radiografici, ecografici), in modo da mostrarla al veterinario radiologo prima dell'esame. Infine è preferibile possedere la prescrizione dell'esame richiesto da parte del vostro veterinario curante.
Anagrafe Canina
(del 14/03/2013 @ 19:43:48, in Microchip, linkato 2683 volte)
L’anagrafe canina rappresenta un sistema di registrazione, informatizzato, dei cani presenti nel territorio Italiano in riferimento alla Legge Nazionale 281/1991 e, per ciò che concerne il territorio Campano, alla Legge Regionale 16/2001. In base a tali disposizioni tutti i possessori di cani sono tenuti ad iscrivere il proprio animale all’anagrafe canina del comune di residenza.
Tale iscrizione consiste nella registrazione anagrafica completa (sesso, razza, taglia, mantello, data di nascita, etc.) dell’animale da parte del legittimo proprietario, che ne diventa intestatario e responsabile a tutti gli effetti.
Contestualmente alla registrazione, all’animale viene apposto il microchip elettronico.
Tale operazione risulta essere completamente indolore per l’animale e consiste nel trasferimento di un piccolo dispositivo elettronico, di forma cilindrica e grande quanto un chicco di riso, nel sottocute dell’animale, a livello della regione sinistra del collo, mediante una speciale siringa sterile monouso.
Tale dispositivo presenta al suo interno un codice numerico unico ed individuale che identifica inequivocabilmente il cane stesso.
Al momento dell’iscrizione viene compilata e rilasciata una cedola identificativa al proprietario che deve seguire il cane nei trasferimenti di proprietà o detenzione. Le generalità del proprietario e i dati segnaletici del cane iscritto, unitamente al codice del microchip assegnato, sono registrati nella Banca Dati Regionali dell’Anagrafe Canina e quindi tali dati sono riversati, in automatico, nella Banca Dati Nazionale istituita presso il Ministero della Salute.
L’iscrizione all’anagrafe canina deve avvenire, OBBLIGATORIAMENTE, entro 60 giorni dalla nascita del cane o dal suo possesso. E’ possibile iscrivere il proprio cane presso i Servizi Veterinari dell’ A.S.L. competente del territorio oppure presso gli Ambulatori e le Cliniche private dei Medici Veterinari Liberi Professionisti convenzionati.
Al momento dell’iscrizione è necessario presentare un documento di identità del proprietario in corso di validità e codice fiscale.
Si rammenta che il mancato rispetto degli obblighi relativi all’anagrafe canina comporta una sanzione amministrativa con pagamento di ammenda.
Inoltre il proprietario o il detentore del cane ha l’obbligo di denunciare all’A.S.L. veterinaria di appartenenza:
Anche in questo caso l’inosservanza di tali comunicazioni potrà essere punita attraverso sanzione economica.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito dell’Anagrafe Canina della Regione Campania al link:
La legge prevede l’obbligo di applicazione di microchip solo per i cani.
Tuttavia è necessario applicarlo anche a gatti o furetti nel caso di richiesta del Passaporto Europeo. Questo documento, rilasciato dalle ASL di competenza del territorio, è obbligatorio per permettere il trasporto degli animali all’interno dei paesi dell’Unione Europea e prevede la presenza del microchip identificativo.
In conclusione l'iscrizione all'Anagrafe Canina costituisce, oltre che ad un obbligo per il proprietario, il primo indispensabile presupposto per la tutela degli animali d'affezione e per la prevenzione del randagismo, rivelandosi il più efficace deterrente contro l'abbandono dei cani.
La pulizia dei denti
(del 16/02/2013 @ 18:45:44, in Igiene orale, linkato 2622 volte)
La spazzolatura dei denti rappresenta l'elemento base per una buona igiene orale del proprio animale.
Difatti la mancata applicazione di questa pratica igienica rientra nell’eziologia delle numerose affezioni che colpiscono il cavo orale (quali gengiviti, periodontiti, alitosi). Proprio per questo la collaborazione del proprietario nell’effettuare tale operazione risulta essere molto importante per il medico veterinario e con la stesura di tale articolo si cerca di fornire il miglior metodo per poter effettuare la pulizia dei denti nel modo più semplice possibile per i proprietari e meno stressante per gli animali. Il primo consiglio da dare ai diversi proprietari è di non affidarsi ciecamente ai diversi prodotti in commercio che promettono di mantenere puliti i denti del proprio animale attraverso il loro masticamento (bastoncini, ossa di bufalo, etc.). Difatti tali prodotti non possono garantire gli stessi risultati di igiene che invece assicura una buona opera di spazzolatura; senza considerare poi che alcuni di essi possono costituire un aggravio sul peso forma dell'animale. Dunque risulta essere molto più utile abituare il proprio animale alla pulizia dentale sin da cucciolo in modo tale che una volta adulto, periodo in cui vi è un maggior accumulo di tartaro sui denti, possa mostrare un maggior spirito di collaborazione all'operazione di spazzolatura. Affinche l’animale si abitui ad accettare la manipolazione della bocca da parte del proprietario è bene iniziare introducendo la mano nella bocca dell’animale per poi incominciare a massaggiare con il dito i denti nell’atto di mimare l’azione dello spazzolino. Per rendere questa operazione il più piacevole possibile al vostro animale è importante lodarlo durante l’intera durata dell'opera. Nei primi periodi la durata dell’intera operazione di manipolazione della bocca non dovrebbe essere maggiore di 5 minuti almeno nelle prime 2-3 settimane, per poi passare gradualmente a sessioni di durata maggiore. Non appena l’animale si mostra infastidito è opportuno terminare la seduta con una nota positiva per poi riprovare l’operazione in un secondo tempo. Il passo successivo consiste nell’introduzione del dentifricio. E’ importante ricordare che nei propri animali non si devono mai utilizzare dentifrici per uso umano, dato che questi contengono fluoro ed agenti schiumogeni che possono essere causa di problemi gastrici una volta ingeriti. Quindi è opportuno l’utilizzo di appositi prodotti ad uso veterinario che, se anche ingeriti durante l’operazione di pulizia, non possono causare danni nei vostri animali. La funzione primaria dei dentifrici per uso veterinario non è tanto quella di pulire i denti, bensì di fungere da gustosa leccornia durante l’operazione di spazzolatura, di cruciale importanza nell’ambito dell’igiene orale. Per abituare l’animale all’aroma del dentifricio, è consigliabile spalmare un piccolo quantitativo del prodotto sul proprio dito per poi iniziare a passarlo sui denti del proprio animale dall’alto verso il basso, ricordandosi di massaggiare anche le gengive oltre che i denti e di gratificare continuamente l’animale. Poi si passa allo spazzolino da denti la cui azione meccanica rappresenta il principio fondamentale per ottenere una buona pulizia. Anche in questo caso vi sono in commercio prodotti specifici per uso veterinario, ma risulta sufficiente anche uno spazzolino per bambini a setole morbida, con il manico lungo e la testa piccola. Prima di introdurre lo spazzolino nella bocca dell’animale bisogna sempre inumidirlo per poi applicarvi sopra una striscia di dentifricio che dovrà essere spinta a fondo fra le setole. A questo punto, tenendo lo spazzolino come una penna, si inizia a passarlo unicamente sui canini effettuando un delicato movimento in senso verticale sino a che l’animale non abbia accettato lo spazzolino. Quando poi l’animale non si oppone più a questa operazione, si può iniziare a praticare un delicato movimento circolare ed a spostarsi lungo i denti dell’arcata superiore, dai canini a quelli più indietro, pulendo prima un lato e poi l’altro, ma evitando inizialmente i denti anteriori. Dal momento che il tartaro si accumula per la maggior parte sulla superficie esterna dei denti, è importante concentrarsi su questa zona. Si passa quindi ai denti dell’arcata inferiore, aumentando gradualmente il tempo e la pressione dedicati a ciascun dente. Anche in questo caso bisogna sempre ricordarsi di lodare l’animale ogni volta vi sia l’opportunità. L’ultima fase della pulizia riguarda la spazzolatura dei denti anteriori dell’animale. Nel cane, si deve appoggiare il dito medio sulla sommita del naso e l’indice fra le narici e la bocca, facendo attenzione a non interferire con la respirazione dell’animale, ed il pollice sul labbro inferiore. Ciò permette al proprietario il controllo della testa e delle labbra del cane e permette di eseguire la spazzolatura dei denti con un movimento verticale. Nei gatti, invece, si deve appoggiare delicatamente il palmo della mano sulla testa, afferrando la mascella con il pollice e l’indice per poi passare alla spazzolatura dei denti anteriori, compresi i canini. Ancora una volta è bene ricordare che i primi tentativi potrebbero risultare molto difficoltosi, data anche la scarsa collaborazione del proprio animale, ma con la giusta tenacia e pazienza si potranno ottenere ottimi risultati e contribuire attivamente alla cura del proprio animale.
Epilessia: i giusti consigli per il proprietario
(del 15/02/2013 @ 13:09:16, in Epilessia, linkato 39965 volte)
Le crisi convulsive costituiscono un' importante realtà della medicina veterinaria, in quanto coinvolgono emotivamente il proprietario, che richiede senza indugio un consulto medico; contrariamente a quanto accade per patologie a carico di altri apparati, come quello gastroenterico o della cute, dove spesso osserviamo lesioni ormai già cronicizzate.
In caso di crisi è comprensibile la tensione emotiva che si scatena nel proprietario che all' improvviso e per la prima volta vede il suo animale cadere a terra, perdere la coscienza e tremare incontrollabilmente, anche con episodi di ipersalivazione e perdita di urina e feci; risultando inoltre inutili qualsiasi tipo di attenzioni che il proprietario cerca di trasmettere all'animale in quel momento per cercare di tirarlo fuori da quello stato di parziale o totale incoscienza. Quindi il primo consiglio che desidero trasmettere ai proprietari nel caso di un animale con una convulsione in atto è quello di NON PERDERE LA CALMA, evitando di eseguire azioni irrazionali e inconcludenti, che né al proprietario né all'animale servono. In secondo luogo è utile assicurarsi che l’animale non possa ferirsi urtando contro mobili o mura, evitando inoltre di porre le mani in bocca all'animale che potrebbe incosciamente serrarla, “chiudendovi" quindi le vostre mani al suo interno. Infine, è necessario anche contattare il vostro veterinario di fiducia che almeno telefonicamente potrà rassicurarvi con ulteriori indicazioni. Per meglio comprendere e non equivocare i termini utilizzati dal vostro medico veterinario è utile specificare rapidamente che cosa s’intende per:
A questo proposito tra le malattie che possono essere causa di convulsione è bene ricordare il Cimurro, affezione sostenuta da un virus (paramixovirus) che tra le varie forme in cui si può presentare all'interno di un animale infetto (cutanea, respiratoria, intestinale) vi è inclusa anche la forma nervosa con il soggetto che manifesta crisi convulsive, masticazione a vuoto e molto più frequentemente mioclonie che possono interessare vari distretti muscolari. Un grosso limite che ci pone la medicina veterinaria attualmente in Italia è l'impossibilità di indagare direttamente la funzionalità del cervello con l'elettroencefalogramma (E.E.G.) sia per i costi che per la mancanza di appropriate strutture. Da qui nasce l'esigenza di ricorrere alle varie indagini diagnostiche a nostra disposizione come esami del sangue, urina e feci; radiografie, ecografie, T.A.C. Risonanza magnetica, E.C.G. che ci permettono di indagare sulla piena funzionalità di organi la cui alterazione potrebbe essere causa di crisi convulsive In molti casi le indagini prima accennate rientrano nella norma, per cui per esclusione l’attenzione viene focalizzata sulle patologie a carico del cervello indagabili con T.A.C. e Risonanza Magnetica, oggi facilmente eseguibili a costi alquanto contenuti. A questo punto è bene sottolineare, specialmente per i proprietari dei nostri pazienti, che la negatività delle varie indagini proposte, a fronte delle spese e dell' impegno sostenuto, non deve essere accolta come uno spreco nell'ottica del conseguimento di una sicura e precisa diagnosi per le crisi convulsive del proprio animale, bensì deve rappresentare una rassicurazione sul buono stato di salute generale del proprio animale ma soprattutto un'esclusione del possibile rischio di morte imminente del paziente; dato che la domanda più ricorrente già alla prima visita, specialmente nei casi di convulsioni, da parte della maggior parte dei clienti è: "Dottore, ma il mio cane/gatto può morire?" Inoltre, ancor prima dell‘esecuzione dei vari esami diagnostici, è di rilevante importanza fare una ricerca sulla vita passata e presente dell'animale sulla quale, visto che i nostri pazienti purtroppo non parlano, i proprietari hanno un ruolo fondamentale. Questa indagine che in medicina si chiama anamnesi serve ad indirizzare l'attenzione del medico veterinario verso un gruppo di patologie quali possibili cause di epilessia, escludendone delle altre. TERAPIA FARMACEUTICA CON ANTICONVULSIVANTI Innanzitutto un bravo medico veterinario non deve assolutamente, per alleviare l’ansia e la preoccupazione del proprietario, o peggio ancora per superficialità o per superbia, cadere nell'errore d'iniziare una terapia con anticonvulsivanti o sedativi senza escludere cause più comuni e banali di epilessia che assolutamente non vengono curate con i farmaci sopra accennati. Difatti i farmaci anticonvulsivanti possono nel tempo non essere più efficaci a controllare la crisi se l'epilessia non è di tipo ereditario/idiopatico, provocando quindi più danni delle crisi convulsive stesse. Quindi una terapia con anticonvulsivanti è consigliabile incominciare, in accordo con il proprietario, solo quando i vari esami diagnostici non hanno permesso di riconoscere l'origine dell'epilessia oppure nel caso in cui le crisi si manifestano in maniera sempre più frequente (3-4 al mese) e/o con maggior durata (più di 5 minuti). Inoltre è importante informare il proprietario della filosofia diagnostica e terapeutica alla base di questo trattamento farmaceutico. Difatti questa cura ha una natura più palliativa che terapeutica, oltre che a presentare effetti collaterali di natura epatica a lungo termine ed a richiedere un costante e reale impegno da parte dei proprietari sia nella somministrazione del farmaco (da effettuare almeno due volte al giorno per tutta la vita dell'animale) ma soprattutto dal punto di vista economico, poichè è necessario sottoporre periodicamente l'animale a controlli clinici ed ematologici per visionare sia l'eventuale insorgenza di effetti collaterali che per determinare eventuali variazioni nella dose del farmaco da somministrare. Poiché il successo di tale terapia risiede principalmente nella costante collaborazione del cliente (per periodi che coprono di norma l'intero arco di vita dell'animale) sarà compito del medico veterinario far comprendere al proprietario quanto sia fondamentale seguire alla lettera le sue istruzioni, permettendo quindi all'animale colpito da epilessia ereditaria di condurre una vita tranquilla e normale. Inoltre è importante che il proprietario sappia di come gli attacchi che colpiscono il proprio animale non rappresentino fonte di dolore per il soggetto stesso, di come la capacità di apprendimento e di pensiero, cosi come l’affetto tra animale e proprietario, non risulti mai essere messa in discussione ma soprattutto che la probabilità di morte durante una crisi risulti essere davvero minima in un animale tenuto sotto controllo e con epilessia ereditaria ben trattata; perciò le facili ed economiche eutanasie è bene lasciarle a coloro che, e tra questi vi sono inclusi anche professionisti del settore "disinformati" o negligenti, si nascondono dietro la fatidica ed ipocrita frase “preferisco che si faccia l’eutanasia perché non voglio che l'animale soffra”. Difatti, con la giusta informazione ed abnegazione, sarà possibile per il proprietario convivere con l’animale che si ama, anche se questi presenta una malattia cronica e parzialmente invalidante come l’epilessia.
Fissazione esterna scheletrica
(del 30/10/2012 @ 19:15:31, in Chirurgia ortopedica, linkato 8438 volte)
E’un metodo chirurgico utile nel stabilizzare fratture o articolazioni mediante l’uso di chiodi percutanei che penetrano internamente le corticali ossee e che esternamente sono connessi a formare un telaio esterno.
Il dispositivo consiste in chiodi, barre e morsetti necessari per completare il telaio. Questi componenti possono essere assemblati secondo diversi arrangiamenti dando luogo a varie configurazioni ognuna delle quali possiede particolari proprietà biomeccaniche e cliniche. La fissazione esterna realizza una stabile fissazione di frammenti ossei con minimo danno a carico dei tessuti molli (cute, muscoli) e della vascolarizzazione ossea, la quale rappresenta il punto cardine, insieme alla stabilità della frattura, attorno cui ruota la formazione del callo osseo. Questa tecnica evita l’impianto di mezzi di sintesi nella sede di frattura o l’immobilizzazione di articolazioni adiacenti tramite bendaggi. Nella nostra struttura si utilizza la fissazione esterna nella maggior parte delle fratture, risultando particolarmente utile in caso di fratture scomposte (esposizione dell'osso) o comminute in cui si verifica notevole compromissione vascolare. L'applicazione di questa tecnica ci permette in molti casi di non aprire il focolaio di frattura, effettuando quindi un intervento a cielo chiuso. L’utilizzo dei fissatori esterni ci permette inoltre di minimizzare le complicanze legate alla formazione del callo osseo spesso dovute a deficit vascolare, infezioni, complicazioni legate alla guarigione della ferita chirurgica garantendo una rapida ripresa funzionale ed appoggio precoce dell’arto per assenza o diminuita formazione di edema e dolore postoperatorio (come dimostrato nelle figure 1 e 2 con relative radiografie). In questi termini l'applicazione di tale metodica finalizzata a favorire una corretta osteosintesi rientra nell'odierno concetto di "fissazione biologicamente orientata". Le tecniche di fissazione esterna hanno anche il vantaggio di non richiedere un nuovo intervento chirurgico per rimuovere a fine guarigione i mezzi di sintesi. Difatti per rimuovere una placca, sia a fine guarigione che nel caso di complicazioni, si richiede la necessità di incidere nuovamente la cute e i muscoli con la presenza di una nuova ferita chirurgica. Invece i chiodi di un impianto di fissazione esterna a fine guarigione possono semplicemente essere sfilati e svitati dall’esterno solo con una sedazione profonda. La fissazione esterna da sola o combinata con altre tecniche può inoltre essere utilizzata per bloccare temporaneamente articolazioni, per permettere la guarigione di tendini e legamenti e nel risanamento delle complesse e gravi fratture periarticolari o intrarticolari (ad esempio la frattura trocanterica o del collo femorale). Infine esistono particolari fissatori esterni di tipo "circolare” (metodica di Ilizarov) utilizzati per ottenere allungamento dei segmenti ossei e correzione di deformità angolari e trattamento di gravi pseudoartrosi. Casi clinici inerenti
Al proprietario è stato spiegato la necessità dell’intervento chirurgico per ottenere l’utilizzo dell’arto e una buona funzionalità del ginocchio. E’ stato applicato un chiodo centromidollare e un fissatore esterno (visibili nella radiografia post-operatoria). Dopo aver verificato l’iniziale formazione del callo osseo l'impianto è stato destabilizzato dopo 1 mese togliendo parte del fissatore esterno. Dopo 2 mesi, alla fine del processo di guarigione,sono stati tolti sia il resto dell'impianto esterno che il chiodo centromidollare.
Fu proposto un intervento ortopedico per applicare un fissatore esterno; il proprietario per motivi economici preferì eseguire un bendaggio sebbene questo non avrebbe garantito alte possibilità di guarigione per questo tipo di frattura. Alla rimozione del bendaggio, oltre a verificare la mancata formazione del callo osseo, la sorpresa più sgradevole fu di rilevare la fuoriuscita di un moncone osseo a margini appuntiti e taglienti che aveva attraversato la cute. Come era prevedibile il bendaggio non era stato sufficiente ad immobilizzare una frattura così instabile, anche a causa della vitalità di Gorby che aveva favorito la dislocazione mediale del moncone osseo prossimale con la relativa fuoriuscita attraverso la cute in un punto in cui i tessuti che ricoprivano l’osso erano molto sottili. L‘osso esposto era naturalmente necrotico. A questo punto il proprietario acconsentì all’intervento chirurgico che rappresentava l’unica soluzione al problema. Alla tibia di Gorby fu applicato un fissatore esterno tipo 1, dopo aver eseguito curettage alla parte necrotica di osso e ricostruito l'allineamento dei due monconi ossei. Dopo 50 giorni ,verificata la completa formazione di callo osseo, è stato rimosso l’impianto.
Romeo aveva il “vizietto” di andare a trovare l’amichetta del balcone adiacente passando sul corrimano della ringhiera. Nonostante la sua abilità, quel giorno cadde dal balcone del 3° piano, procurandosi una frattura esposta distale della tibia. Romeo venne sottoposto a tre giorni di antibiotici e pulizia chirurgica. Dopodichè fu deciso di applicare un fissatore esterno bilaterale modificato, anche se in questo specifico caso clinico c'erano la presenza di diversi elementi (esposizione dell’osso imbrattato di terra, perdita di una scheggia di osso, frattura periarticolare) che avrebbero potuto compromettere la formazione del callo osseo favorendo cosi lo sviluppo di una osteomielite e/o pseudoartrosi. Comunque sia l’applicazione di un fissatore esterno risultava essere l‘unica opzione chirurgica che poteva dare dei discreti risultati. Nonostante tutto la guarigione di Romeo risultò essere priva di qualsiasi complicanza, tant'è che iniziò ben presto ad effettuare le sue traversate sul corrimano del balcone; proprio per questo i suoi proprietari decisero di castrarlo in modo da limitare le sue escursioni da equilibrista.
La mattina del 25 Dicembre 2003 venne condotta in pronto soccorso presso la nostra struttura una cagnetta meticcia di circa cinque anni, di nome Liana, ospite del canile di Scafati, con una una grave frattura esposta di tibia. I gestori del canile, che con premura avevano condotto subito in pronto soccorso l'animale nostante il giorno festivo, raccontarono che la cagnetta aveva subito, circa una settimana prima, un morso alla zampa destra durante un'aggressione da parte di altri cani e venne condotta in visita presso un altro "collega" che, una volta appurato di trovarsi con una frattura da morso, decise di intervenire con una misera fasciatura. Tale scelta risultò del tutto inadeguata visto che aveva causato un'infezione ed una fuoriuscita dell’osso della tibia per circa 2 cm dalla cute. A Liana vennero quindi prestate le necessarie cure per evitare ulteriori e gravi infezioni al resto dell’osso, al fine di evitare l’amputazione dell’arto. Dopo 3 giorni di intensa terapia antibiotica locale e generale è stata operata asportando una scheggia di osso necrotico di circa 1,5 cm e applicando un fissatore esterno per stabilizzare la frattura. Dopo circa 2 mesi di trattamento, durante i quali Liana aveva ben tollerato il nostro impianto, si era formato un solido callo osseo. Anche se l'arto era più corto di 1,5 cm Liana non manifestava nessun deficit funzionale nell’utilizzo dell'arto.
Billy è un cane da caccia che abita in penisola sorrentina che presentava l’arto anteriore sinistro sollevato dal ritorno di una battuta di caccia. Con la radiografia abbiamo accertato la presenza di una frattura diafisaria parcellare dell’omero. Tenendo l'arto in trazione abbiamo allineato i monconi ossei e applicato un fissatore esterno.
Era stata investita diverse volte dai camion procurandosi solo escoriazioni e contusioni. L’ultima volta fu portata da noi per l’ennesimo investimento, dieci giorni dopo il trauma, in seguito al quale presentò fratture multiple al bacino e una frattura scheggiosa alla diafisi del femore sinistro. Dato i limiti economici imposti dal proprietario, si è preferito trattare chirurgicamente solo la frattura del femore che ci sembrava quella più invalidante se sottoposta unicamente ad un trattamento conservativo. Per la presenza di grosse schegge ossee nel focolaio di frattura, considerando inoltre che soggetti molto giovani e di grossa taglia tendono a produrre più rapidamente il callo osseo, si decise di applicare una tecnica biologicamente orientata. Stabilizzammo quindi la frattura con un fissatore esterno, dopo aver ottenuto un discreto allineamento dei monconi ossei, senza aprire il focolaio di frattura. Anita iniziò a camminare solo dopo 3 settimane, anche a causa della presenza delle fratture all'altezza del bacino. Tollerò bene il fissatore esterno per 45 giorni dopo i quali si notò la presenza di un callo osseo esuberante che aveva inglobato le grosse schegge ossee. Dopo la completa guarigione si propose al proprietario, già stufo di queste continue spese che doveva sostenere per il cane (!?!?!?!), di affidare l'animale a qualcuno che avesse maggior tempo e cura da dedicare ad Anita. Oggi Anita vive felicemente tra le montagne della Basilicata in un grosso giardino.
Dopo averlo sottoposto ad indagini radiografiche, si evidenziano a carico della tibia sinistra gli effetti di una frattura malconsolidata con formazione di callo fibrocartilagineo e deviazione angolare dell'osso. Questo tipo di frattura richiedeva necessariamente un trattamento "a cielo aperto" per ottenere un riallineamento anatomico dei due monconi. Ora Brook continua liberamente a correre, ma stavolta utilizzando tranquillamente tutte le sue quattro zampe!!!
Chi siamo
(del 22/10/2012 @ 16:06:31, in chisiamo, linkato 91205 volte)
Il dottor Roberto Miele si è laureato in medicina veterinaria nel 1994 presso l’Università “Federico II” di Napoli.
Ha completato gli studi svolgendo una tesi in “Semeiologia dei dischi di accrescimento nel cane” presso l’Istituto di Clinica Chirurgica. Il suo interesse per la chirurgia , ortopedia, neurologia e neurochirurgia della colonna vertebrale è iniziato nel 1994 ed è stato seguito per 2 anni presso l’Istituto di Chirurgia Veterinaria di Napoli professor Cuomo Amedeo. Nel 1996 ha frequentato il corso teorico-pratico in ortopedia sulle “Metodiche di Ilizarov” per il trattamento di pseudoartrosi, deformità ossea, allungamento segmenti ossei. Nel 1997 ha frequentato il corso di perfezionamento teorico-pratico in “Chirurgia dei tessuti molli” della durata di un anno presso l’Istituto di Chirurgia Veterinaria di Napoli. Nel 1998 presso la stessa facoltà ha frequentato un corso di perfezionamento teorico pratico in “Chirurgia Ortopedica”, della durata di un anno. Iscritto all’Aivpa dal 1996, ha frequentato un corso sulla “Ricerca della displasia del cane”, interesse che continua ad approfondire tuttora. Iscritto alla Scivac dal 1995 – l’associazione culturale nazionale di medici veterinari - ha frequentato corsi regionali e nazionali in materia di clinica, chirurgia e neurologia veterinaria. Ha sperimentato l’utilizzo di una tecnica incruenta per il trattamento di fratture parcellari della mandibola del cane e del gatto. I risultati di questa tecnica sono stati pubblicati sulla rivista medico-scientifica “Summa” pag 45 n. 7 /2003. Nell'anno accademico 2011-2012 della facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università Federico II di Napoli il dott. Miele è stato professore a contratto per le attività didattiche integrative dell'insegnamento di Anestesiologia e Clinica Chirurgica Veterinaria. Da circa 10 anni lavora presso la struttura veterinaria di cui è il Direttore Sanitario e nell'ambito della quale si interessa principalmente di Chirurgia, Ortopedia e Neurologia, campi in cui svolge anche attività di consulenza presso altre strutture, oltre al vivo interesse nel ramo della neurodiagnostica, attraverso l'utilizzo della T.A.C. e della Risonanza Magnetica. Inoltre lo stesso Ambulatorio Veterinario, con il dott. Miele nella figura di Tutor, è convenzionato con la Facoltà di Veterinaria della Federico II di Napoli per il tirocinio informativo e d'orientamento degli studenti immatricolati.
Risonanza magnetica nucleare
(del 17/10/2012 @ 18:51:17, in Risonanza Magnetica Nucleare (R.M.N.), linkato 1787 volte)
La Risonanza Magnetica Nucleare (R.M.N.) è un rivoluzionario sistema diagnostico messo a punto da due scienziati statunitensi agli inizi degli anni 80. Il termine nucleare si riferisce al nucleo dell’atomo e non alla radioattività. Per la formazione delle immagini utilizza due tipi di energia : campi magnetici e radiofrequenze. Mettendo il corpo in un campo magnetico (gigantesca calamita)con onde radio è possibile ricevere segnali dai protoni che compongono i tessuti. I segnali ricevuti dal corpo vengono elaborati dal computer che li trasforma in immagini. A completamento della risonanza è possibile inoculare un contrasto che serve meglio ad evidenziare piccoli problemi vascolari e a tipizzare meglio le neoplasie. Questo metodo diagnostico è rivoluzionario per due motivi: 1) permette di ottenere ottime immagini con elevato contrasto “naturale” dei tessuti molli,come il sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale),il sistema nervoso periferico (nervi), legamenti , dischi intervertebrali. 2) assenza completa di rischi per il paziente e gli operatori rispetto alle radiazioni ionizzanti (raggi X) utilizzate con le radiografie e la T.A.C. Caso clinico inerente
Così tra un balletto e l'altro son trascorsi 7 anni. Il nostro intervento è stato richiesto perchè all’ improvviso Chicca presentò una crisi epilettica che non aveva mai avuto. Fu condotta in pronto soccorso presso la nostra struttura dove attraverso la visita ed altre indagini ipotizzammo l’esistenza di una patologia intracranica . Per emettere una diagnosi e una prognosi precise e quindi escludere patologie intracraniche ad andamento progressivo con prognosi infausta fu proposta una Risonanza Magnetica al cranio. La R.M.N. rilevò la presenza di poroencefalia e di un idrocefalo cronico (con accumulo di liquido cefalorachidiano) che negli anni era stato responsabile di degenerazioni del tessuto cerebrale fino a portare a queste crisi epilettiche probabilmente anche per un ulteriore improvviso aumento pressorio del liquido cefalorachidiano. La risonanza magnetica ci ha permesso di escludere neoplasie cerebrali a prognosi infausta o altre neoplasie che andavano trattate chirurgicamente per ottenere la guarigione. I danni indotti nel tempo da questa patologia non erano curabili, l'obiettivo che ci eravamo proposti era quello di sperare di controllare farmacologicamente l’epilessia. Chicca fu trattata per una settimana con antinfiammatori e antiepilettici. A 2 anni di distanza Chicca continua a fare la ballerina e ad essere un po’ tonta presentando raramente crisi epilettiche di brevissima durata, con la coscienza che la situazione potrebbe precipitare all’ improvviso.
Sterilizzazione precoce: una procedura attuale
(del 17/10/2012 @ 18:50:06, in Sterilizzazione, linkato 15989 volte)
Da qualche anno la sterilizzazione chirurgica, ed in particolare quella precoce nel cane e nel gatto, è sempre più utilizzata e proposta dal medico veterinario ed accettata dal proprietario dell'animale. COS’E’ LA STERILIZZAZIONE Per sterilizzazione si intende il blocco chirurgico irreversibile dell’attività sessuale e della capacità riproduttiva, attraverso l’asportazione delle ovaie e/o di utero nella femmina e dei testicoli nel maschio. Non è un intervento complesso in nessuno dei tre casi e si può considerare anzi di routine, pur considerando che si tratta sempre di un intervento chirurgico. La scelta di un’ovariectomia (asportazione delle ovaie) o di un’ovarioisterectomia (asportazione dell’utero e delle ovaie) nella femmina o di un orchiectomia (asportazione dei testicoli) nel maschio è stata per anni un approccio proposto e diffuso maggiormente nel gatto che nel cane. Allo stato attuale non solo si propone maggiormente nel cane rispetto al passato, ma se ne propone un impiego in età precoce cioè prima della maturità sessuale (dai 5/6 mesi) STERILIZZAZIONE: PERCHE’ I motivi che hanno indotto generalmente la medicina veterinaria a proporre la sterilizzazione chirurgica sono molti. Tra i più frequentemente citati troviamo: - il randagismo indotto dal richiamo sessuale stagionale della femmina; - evitare cucciolate indesiderate spesso fonte di sofferte separazioni per la madre e di crudeli eliminazioni di cuccioli sani da parte del proprietario che non può o non desidera curarne la crescita; - evitare fastidiose migrazioni di maschi nei paraggi dell’abitazione in cui si trovano le femmine; - evitare il problema delle false gravidanze che spesso provocano fastidiosi disturbi; - evitare gravi problemi sanitari legati alla sfera sessuale spesso presenti in età matura (7-10 anni), quali le neoplasie mammarie ormono-dipendenti, l’endometrite purulenta e, nel maschio, l’ipertrofia prostatica e/o le neoplasie della prostata e dei testicoli. EFFETTI DELLA STERILIZZAZIONE PRECOCE NEL CUCCIOLO Spesso il proprietario del cane da sterilizzare oppone al veterinario l’obiezione che il cane (la femmina in particolare) debba fare almeno il primo calore o meglio la prima cucciolata prima di esser sterilizzata. E’ stato ampiamente evidenziato che l’affermazione non ha fondamento alcuno, tant’è che ultimamente viene appunto proposta la sterilizzazione precoce, cioè ad un’età ancora lontana dalla piena maturazione sessuale del cucciolo. Sono, infatti, numerose le ragioni a favore della sterilizzazione precoce dei cuccioli maschi e femmine.
La percentuale di rischio, però, aumenta progressivamente, man mano che l’attività ovarica procede e si ritarda l’età dell’intervento, tanto che la sterilizzazione effettuata dopo il primo calore comporta già un rischio di tumore del 25%. L’ovarioisterectomia in particolare, determina anche una completa eliminazione del rischio di endometriti e patologie uterine. Nel maschio, come già accennato, la castrazione elimina il rischio di patologie del testicolo e riduce enormemente quello di malattie della prostata.
La sterilizzazione chirurgica in generale determina una diminuzione del consumo metabolico dell’animale, spesso legato al ciclo ormonale, alla mancanza del richiamo sessuale ed alla riduzione dell’attività fisica. E’ chiaro che queste circostanze, a parità di quantità di cibo somministrato, determinano un aumento di peso nei cani sterilizzati. Tuttavia questo è un problema cui è facile ovviare rispettando le nuove esigenze alimentari e di consumo metabolico di un cane sottoposto a sterilizzazione, mediante una dieta leggermente meno calorica e maggiore attività motoria. In merito al problema dell’obesità del cane, l’unico studio pubblicato non ha comunque consentito di dimostrare un legame diretto tra sterilizzazione ed obesità.
Gli studi attualmente disponibili mettono in evidenzia che non esistono relazioni tra la sterilizzazione e la modifica del comportamento, anche se fatta in età precoce. Va comunque ricordato che la vivacità e il carattere del cucciolo dipendono da una confluenza di fattori genetici, ormonali e d’influenze ambientali, dove queste ultime giocano un ruolo fondamentale.
Da un punto di vista operativo, nella sterilizzazione precoce del maschio o della femmina non ci sono particolari difficoltà tecniche rispetto allo stesso intervento in animali in età maggiore. Da un punto di vista anestesiologico, il rischio o le difficoltà dell’intervento precoce non sono diverse da quelle di un qualunque protocollo anestesiologico in animali giovani ed in buono stato di salute, vale a dire estremamente bassi, anche perché in ogni caso si tengono sempre ben presenti le differenze fisiologiche tra animale immaturo ed animale adulto nell’impostazione del protocollo dell’anestesia.( vedi sezione anestesia) Uno studio epidemiologico molto ampio ha dimostrato addirittura una notevole diminuzione di complicazioni post-operatorie per gli animali più giovani (infiammazione locale, dolore postoperatorio) . LE CONTROINDICAZIONI Abbiamo visto che non esistono particolari svantaggi e controindicazioni per la sterilizzazione precoce del cucciolo. Le controindicazioni maggiormente evocate riguardano appunto i dubbi relativi ad eventuali alterazioni della crescita e dello sviluppo scheletrico, a modifiche endocrinologiche, ad una diminuzione della competenza immunitara, al rischio di eventuali ostruzioni uretrali (gatti), oltre al rischio anestesiologico. Anche se alcune di queste perplessità sembrano poter avere una correlazione con la sterilizzazione precoce, tuttavia questa correlazione non è mai stata documentata ed anzi pare proprio, da numerosi studi, che non vi sia affatto legame tra i problemi citati e la sterilizzazione stessa. L’IMPATTO SUL PUBBLICO Studi eseguiti in Francia hanno messo in evidenza una buona disponibilità generale del proprietario nei confronti di questo tipo d’intervento precoce, una volta che siano state date tutte le informazioni necessarie. La stessa disponibilità, sempre in seguito ad una completa e corretta informazione, è comunque verificabile in generale anche nel nostro Paese. IL MEDICO VETERINARIO E LA STERILIZZAZIONE Come in altri Paesi europei, anche in Italia l’argomento non trova ancora, nonostante tutto, unanimi consensi tra i medici veterinari, un po’ per supposti motivi di rispetto della sessualità del cane, un po’ per paura di alterazioni dello sviluppo fisico (che però abbiamo visto non sussistere), ma soprattutto per una non ancora sufficiente omogeneità nei protocolli culturali e scientifici. La maggioranza dei medici veterinari è favorevole alla sterilizzazione chirurgica, molti di questi a quella precoce, mentre esistono due diversi atteggiamenti nei confronti della rimozione dell’utero oltre che a quella delle ovaie nelle cagne. La sola rimozione delle ovaie, preservando quindi l’utero, se non affetto da alterazioni patologiche, sembra ridurre l’incidenza dei problemi di incontinenza urinaria, che sono comunque più frequenti quando la sterilizzazione viene effettuata nella cagna adulta, riduce l’ estensione della ferita e le complicazioni legata alla sua guarigione e riduce sensibilmente i tempi di anestesia. CONCLUSIONI Si è visto che la sterilizzazione precoce è un’importante opzione da proporre al proprietario del cucciolo per benefici che ne derivano a medio e a lungo termine, ovviamente quando il cucciolo non debba poi essere impiegato come riproduttore. Se di svantaggi si può parlare, in questo caso, questi sono legati esclusivamente ad un leggero allungamento dei tempi di crescita del cucciolo, che tenderà a crescere un po’ di più di un cucciolo non sterilizzato. D’altra parte, la sterilizzazione precoce ha dimostrato universalmente i suoi indubbi vantaggi sia dal punto di vista del controllo delle cucciolate indesiderate e dalla prevenzione del randagismo, che da quello della prevenzione delle patologie tumorali dell’apparato riproduttore e mammario; la giovane età del cucciolo, inoltre , non si è dimostrata un ostacolo per l’esecuzione ottimale dell’intervento chirurgico. VANTAGGI DELLA STERILIZZAZIONE CHIRURGICA PRECOCE ·Prevenzione dei tumori delle mammelle, di utero ed ovaie nelle femmine, dei testicoli e della prostata nel maschio; ·Prevenzione delle malattie dell’utero e delle ovaie nelle femmine; ·Prevenzione delle false gravidanze nelle femmine; ·Prevenzione delle malattie della prostata nel maschio; ·Controllo delle nascite e prevenzione del randagismo;
L'Ernia del disco intervertebrale
(del 17/10/2012 @ 18:48:13, in Protrusione-estrusione del disco intervertebrale, linkato 15233 volte)
Spesso sentiamo parlare di ernia del disco come patologia umana connessa magari a sforzi eccessivi che coinvolgono la schiena.
E' importante affrontare questa patologia complessa ed abbastanza frequente (circa il 2% della popolazione canina risulta affetta da questa patologia e le razze condrodistrofiche quali Bassotti, Pechinesi, Lhasa Aspo, Barboncini ed incroci con queste hanno dimostrato una maggior predisposizione) in modo corretto in termini di profilassi, cure mediche e chirurgiche. I dischi intervertebrali sono dei cilindretti elastici formati da un nucleo polposo ed una anello fibroso ed hanno un ruolo basilare nel far si che la colonna vertebrale si possa flettere. La colonna vertebrale oltre ad essere il sostegno degli arti accoglie e protegge il midollo spinale, vitale e delicata porzione del sistema nervoso centrale. Per ernia del disco si intende la fuoriuscita di materiale del nucleo attraverso l'anello fibroso e il suo spostamento nel canale vertebrale. La localizzazione anatomica dei dischi intervertebrali fa si che questo evento abbia delle conseguenze drammatiche perchè si verifica una compressione midollare. Gli effetti di tale evenienza sono spesso gravi perchè la cellula nervosa è molto delicata e soffre a volte fino alla morte al minimo insulto. Purtroppo la cellula nervosa non si moltiplica a differenza delle altre cellule (come quelle della pelle); pertanto un danno al sistema nervoso centrale è spesso un danno irreveribile. Quindi è bene che i proprietari di cani conoscano i principali sintomi e le cure dell'ernia del disco. Esistono impropriamente due tipi di ernia del disco: 1) Acuta 2) Cronica Le razze condrodistrofiche precedentemente citate vanno più frequentemente incontro alla prima mentre le non condrodistrofiche (ad esempio Pastore Tedesco) sono maggiormente soggette alla seconda. L'ernia acuta si presenta con una tale intensità dal far in modo che ci sia una vera e propria esplosione di materiale discale del nucleo verso l'alto con una violenta compressione del midollo che causa dolore, paresi e paralisi. Inoltre tavolta anche organi interni, quali vescica ed intestino, in connessione con il settore di midollo lesionato, possono risultare compromessi con l'ovvia comparsa di una sintomatologia molto più complessa. In particolare è bene porre attenzione verso la vescica che, in caso di ernia al disco toracolombare, tavolta non si riesce più a svuotare riempendosi sempre di più con la possibilità di fuoriuscita di urina una volta stracolma. Quando il danno midollare è più lieve non c'è più paralisi o paresi ma forte dolore improvviso al collo o alla schiena che non va sottovalutato specie se accompagnato a debolezza degli arti e riluttanza al movimento. Spesso capita che il dolore sia l'unico sintomo di un ernia del disco. La sola sintomatologia algica si presenta quando si ha compressione di una radice nervosa, ciò si verifica quando il materiale discale si sposta verso l'area ventrolaterale del canale midollare. Invece quando il materiale discale si posiziona al centro del canale midollare si può avere paresi-paralisi. L'interpretazione del dolore dell'animale è un aspetto che va puntualizzato. Gli animali soffrono quanto gli uomini; solo chi ha sofferto per dolori legati all'ernia discale può capire un cane che ne soffre: "E' un vero dolore da cani" La differenza con l'uomo sta nell'esprimersi diversamente e tollerare maggiormente il dolore. Tutti i mammiferi possiedono strutture anatomiche e meccanismi fisiologici per la percezione del dolore. La soglia del dolore è costante in tutte le specie mentre cambiano la tolleranza e le manifestazioni del dolore. Per esempio nell'animale il dolore può essere solo manifestato da un cambiamento di comportamento. L'animale con dolore non esegue più azioni che prima faceva normalmente: come salire le scale, salto dalla e in auto o sul divano, cioè cose che potrebbero far pensare a problemi di tipo comportamentale. Gli animali non manifestano dolore come gli uomini, tendono a nasconderlo e a rassegnarsi quando il dolore poi diventa cronico. Tale sintomatologia algica è da considerarsi un'emergenza. Si suggerisce pertanto di non somministrare analgesici o antinfiammatori soprattutto senza controllo medico. Difatti gli antinfiammatori, alleviando il dolore, possono facilitare i movimenti della colonna vertebrale e con essi la fuoriuscita di materiale discale nel canale midollare (quindi in questo caso il dolore presenta una funzione protettiva). Quindi è consigliabile tener fermo il più possibile il cane, evitando qualunque movimento della colonna sia passivo (causato da chi maneggia l'animale) che attivo (salti, salire scale). E' importante contattare il vostro veterinario di fiducia che saprà proporvi l'indagine diagnostica e la terapia adeguata. La diagnosi di ernia del disco intervertebrale si basa su:
La visita neurologica e una radiografia diretta possibilmente con soggetto sedato è la prima tappa da percorrere per diagnosticare l'ernia discale. Per visualizzare ernie non evidenziate o sospettate da radiografie dirette o per meglio localizzare la sede e la posizione dell'ernia si ricorre a tecniche come la MIELOGRAFIA. Questa è una tecnica invasiva in quanto prevede il passaggio di un ago attraverso il midollo spinale per inoculare il mezzo di contrasto nello spazio subaracnoideo (spazio di pochi millimetri tra il midollo spinale e il canale vertebrale) in modo da evidenziare indirettamente l'ernia e il midollo spinale. La mielografia richiede un'anestesia profonda. Dopo l'inoculazione del mezzo di contrasto si eseguono una serie di radiografie della colonna vertebrale. I rischi di questa tecnica sono bassi, legati alla comparsa,molto raramente, di epilessia. Utilizzando un protocollo anestesiologico appropriato e un mezzo di contrasto di ultima generazione i rischi sono alquanto irrilevanti. La T.A.C. non è un indagine invasiva e può essere eseguita con sedazione superficiale o profonda. Mentre la mielografia permette di valutare quasi tutto il midollo spinale (vedi caso clinico associato), la T.A.C. in genere permette di valutare solo alcune vertebre per cui si richiede una localizzazione clinica dell'ernia più precisa possibile. L'associazione della mielografia e della T.A.C. permette quasi sicuramente di diagnosticare un ernia e la sua precisa localizzazione. Anche la Risonanza Magnetica è una tecnica non invasiva ma più costosa delle precedenti e permette di evidenziare molto bene il midollo spinale, il materiale discale, il liquido cefalorachidiano solo con soggetto sedato profondamente o con anestesia superficiale. La scelta della tecnica da utilizzare dipende dalla disponibilità economica e soprattutto dalla familiarità che il medico ha con essa. L'obiettivo che ci si propone con l'utilizzo di queste tecniche non si limita al solo raggiungimento della diagnosi ma di sottoporre il paziente a meno rischi possibili e soprattutto di localizzare con estrema precisione la sede dell'ernia. Approccio chirurgico all'ernia del disco intervertebrale Decenni fa, la terapia chirurgica consisteva nell'asportare tutta la parte superiore del canale vertebrale interessato dall'ernia al fine di asportare il materiale discale (Laminectomia). Oggigiorno, se la diagnosi è precisa si può intervenire direttamente sull'ernia con piccoli accessi chirurgici (Emilaminectomia, Foraminotomia) evitando problemi legati a traumi chirurgici al midollo e alla instabilità vertebrale, evento che compromettono i tempi di recupero o il completo recupero. Importante attenzione va posto al periodo post-operatorio: difatti mentre nelle prime tappe di diagnosi e terapia il ruolo predominante riguarda il medico, nel post-operatorio il proprietario deve partecipare attivamente alla gestione del paziente per un migliore e più rapido recupero della funzionalità motoria. Data la scarsa diffusione nel Meridione di strutture veterinarie specializzate nella fisioterapia riabilitativa per questo tipo d'intervento, sarà lo stesso proprietario ad impegnarsi nel pieno recupero motorio del proprio animale, anche se non in modo specialistico. Caso clinico inerente
Da circa sei mesi il proprietario aveva notato un cambiamento di comportamento: non faceva le solite azioni come quella di salire sul letto ,saltare dalla macchina ,salire le scale determinato anche da una diminuzione nel movimento. Il proprietario inoltre aveva notato un cambiamento nell’espressione della faccia : lo vedeva più “serio e triste”. Da queste notizie e dall’esame clinico e neurologico è scaturito un sospetto di ernia del disco intervertebrale, sospetto rinforzato dalla Radiografia diretta e poi successivamente confermato dalla T.A.C. e dalla Mielografia eseguita prima dell’ intervento. Queste ultime indagini ci hanno permesso di localizzare con precisione il materiale discale estruso che, ormai calcificato, comprimeva una radice nervosa. Una fine localizzazione del materiale discale estruso ci ha permesso di adottare una tecnica chirurgica mini-invasiva (emilaminectomia) che ha garantito un buono e rapido recupero funzionale con un minimo insulto chirurgico al midollo, visto che la calcificazione del materiale erniato ha richiesto manipolazioni chirurgiche più lunghe per la sua asportazione. Dopo 3 settimane di degenza e riposo completo iniziò gradualmente a compiere le attività che da sei mesi non faceva più e la sua espressione riacquistò la vivacità e l’allegria di un tempo.
Displasia dell'anca
(del 17/10/2012 @ 18:39:53, in Displasia dell'anca, linkato 13959 volte)
L’articolazione dell’anca è una delle più importanti e complesse articolazioni del sistema muscolo-scheletrico del cane. Proprio a causa della sua complessa struttura può essere colpita da diverse patologie, ma quella più diffusa e più invalidante è sicuramente la displasia.
La displasia dell’anca non è altro che un’anomalia dello sviluppo dell’articolazione che porta a conseguenze più o meno gravi sulla deambulazione dell’animale colpito, fino a provocare, nei casi più gravi, la totale immobilità. Il dolore e la zoppia, che caratterizzano la sintomatologia, compromettono fortemente le capacità lavorative e le performance del cane displasico. La prima descrizione scientifica della displasia dell’anca risale all’ormai lontano 1937, e da allora gli studi su questa complessa patologia articolare non si sono mai interrotti. Oggi la displasia è ben conosciuta in molti suoi aspetti e, da molti anni, veterinari e allevatori sono impegnati nel tentativo di ridurne l’incidenza nelle diverse razze canine. Nonostante ciò, ogni anno il numero dei cani colpiti è molto elevato. L’articolazione dell’anca, nel cane, ricopre molteplici funzioni: sostenere tutto il peso della parte posteriore del corpo; permettere l’espressione della potenza durante la corsa; consentire la spinta verso l’alto nel salto; anche il semplice movimento di alzarsi dipende dalla corretta funzionalità dell’articolazione. Da tali premesse possiamo capire quanto sia importante per il cane, soprattutto se destinato al lavoro, avere un’articolazione sana e ben conformata. L’articolazione dell’anca o articolazione coxo-femorale è formata da una base ossea, rappresentata dal femore e dal bacino, e da una serie di tessuti di sostegno (capsula articolare, tendini, muscoli) che completano e rinforzano la struttura scheletrica. In condizioni normali la testa del femore, di forma sferoidale, alloggia in una cavità del bacino (acetabolo) alla quale è fissata per mezzo di un corto ma robusto legamento (legamento rotondo) e di una capsula articolare. La capsula circonda completamente l’articolazione e contiene un liquido viscoso (liquido sinoviale) che ha la funzione di lubrificare le superfici articolari durante il movimento. Anche i muscoli che circondano l’articolazione e che permettono la sua rotazione sono estremamente importanti per la stabilità della struttura. Displasia: significato e comprensione della patologia Il termine “displasia” deriva dal greco e significa “formazione anormale”. La displasia dell’anca è quindi un’anomalia dello sviluppo dell' articolazione coxo-femorale che si evolve durante i primi anni di vita dell'animale. La patologia è caratterizzata da incongruenza delle superfici articolari aggravata dalla lassità dei legamenti di sostegno. I conseguenti movimenti anomali dell’articolazione provocano rimodellamento della testa del femore e dei margini dell’acetabolo accompagnati da erosione della cartilagine e neoformazioni ossee. Questo porta, a seconda del grado di displasia, a conseguenze più o meno gravi nel corso della vita dell’animale: difatti le forme più leggere possono passare del tutto inosservate anche per molti anni, e solo in età adulta o addirittura quando il cane è ormai anziano esitano in forme artrosiche caratterizzate da lieve zoppia. Invece il cane colpito da forme più gravi può manifestare, anche a pochi mesi di età, gravi difficoltà nella deambulazione fino ad arrivare alla completa immobilità. Esistono poi una infinità di situazioni intermedie le cui conseguenze sono spesso legale anche alla componente individuale. La displasia è quindi una sindrome complessa caratterizzata da un’articolazione inizialmente non ben conformata nelle sue componenti fondamentali (osso, cartilagine, legamenti) e aggravata nel tempo da processi patologici sovrapposti. È ormai accertato che non esiste un’unica causa che determina la displasia; si tratta di una patologia ad eziologia multifattoriale, provocata quindi da un'interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali, che in egual misura partecipano nell'insorgere dell'anomalia. PREDISPOSIZIONE GENETICA Numerosi studi hanno dato risultati molto diversi. È stato stimato che l’ereditabilità della displasia è molto variabile e oscilla tra 0,2 e 0,6. Per capire l’importanza di questi numeri dobbiamo considerare che “ereditabilità 0” significa che una determinata caratteristica non è sotto controllo genetico e quindi non può essere trasmessa di genitori ai figli; “ereditibilità 1” significa che quella caratteristica è totalmente sotto controllo genetico. La displasia quindi non è completamente ereditaria, ma si colloca in una posizione intermedia che varia da razza a razza, da Paese a Paese ed è influenzata dagli incroci delle diverse linee di sangue. Inoltre la trasmissione della displasia è poligenica e complessa; non è infatti un singolo gene che controlla il processo di formazione dell’articolazione dell’anca, ma un numero imprecisato di geni, ciascuno dei quali assume il controllo di una parte del processo di formazione dell’articolazione. Poiché non è possibile sapere se un cane sia portatore o meno dei geni che contribuiscono all’insorgenza alla displasia è necessario basarsi sulle manifestazioni cliniche esterne: è quindi di fondamentale importanza che un cane displasico, in quanto potenziale trasmettitore dei geni “difettosi”, sia escluso dalla riproduzione. I figli di cani displasici hanno infatti una maggiore probabilità di essere displasici a loro volta. Purtroppo è anche vero che da cani perfettamente sani possono nascere figli con displasia, ma la probabilità che ciò avvenga è comunque notevolmente ridotta, soprattutto se si evita la consanguineità stretta e se si tengono sotto controllo i fattori ambientali predisponenti. FATTORI AMBIENTALI Nell'insorgenza della displasia in un soggetto entrano in gioco anche altre cause che sono legate soprattutto alle caratteristiche della razza, ad una scorretta alimentazione con eccesso di proteine e calcio e ad un esercizio eccessivo durante l'accrescimento. Tali fattori giocano un ruolo fondamentale nella comparsa della malattia sia sui cani geneticamente predisposti che su quelli che non lo sono. Razze predisposte Le razze di taglia medio-grande sono sicuramente quelle maggiormente colpite da displasia d'anca.
Errori nella gestione del cucciolo, soprattutto gli errori alimentari, favoriscono l’insorgenza della patologia. È stato dimostrato che durante il periodo cruciale dell’accrescimento un’alimentazione iperenergetica, associata ad eccessiva attività fisica, determina l’aumento dell’incidenza della displasia. Una corretta alimentazione assume quindi una grande importanza, soprattutto nei primi 6-9 mesi di vita del cane. Il peso eccessivo che grava su una struttura scheletrica ancora debole e non completamente formata provoca con maggior facilità lesioni a carico dell’articolazione dell’anca, soprattutto se già displasica. In generale, per le razze che hanno un peso adulto fino a 30 Kg, possiamo considerare nella norma un cucciolo che, a 4 mesi, ha raggiunto la metà del suo peso definitivo. I cuccioli di razze più pesanti raggiungono la metà del peso definitivo circa un mese più tardi. È importante quindi che il cucciolo venga regolarmente pesato e il suo peso dia confrontato con le curve di accrescimento specifiche per la razza. Attenti all’eccesso di calcio Tra gli errori nutrizionali più frequenti, oltre all’eccesso di energia, ricordiamo l’eccesso di calcio. Purtroppo è ancora radicata la convinzione che durante l’accrescimento sia indispensabile aggiungere un’integrazione di calcio anche quando viene utilizzato un mangime completo. Aggiungere 2 cucchiaini di carbonato di calcio ad un mangime formulato appositamente per cuccioli in realtà può essere estremamente deleterio per il cane in accrescimento. L’eccesso di calcio nella dieta provoca infatti modificazioni ormonali che inducono ritardo nella maturazione della cartilagine e dell’osso, oltre che rimodellamento delle superfici articolari e disturbi nei processi di ossificazione, provocando o aggravando una displasia latente. I mangimi completi per cuccioli contengono la giusta quantità e il giusto rapporto tra i vari elementi minerali e non richiedono pertanto alcuna integrazione. Diversamente, quando si alimenta il cucciolo con una dieta casalinga, è sicuramente più probabile andare incontro a una carenza di calcio, soprattutto se si utilizza un’alimentazione molto ricca di carne. L’integrazione in questo caso è necessaria, ma deve essere fatta in maniera adeguata per non passare da uno stato carenziale a una situazione opposta. Il giusto allenamento Tra i fattori predisponenti e causali ricordiamo anche l’esercizio eccessivo. È sempre bene evitare salti e lunghe corse nei cuccioli che non hanno completato i processi di ossificazione. Difatti una già difettosa conformazione dell’articolazione dell’anca, associata ad una scorretta gestione dell'esercizio fisico del cucciolo in accrescimento, determina una serie di stati patologici con gravità variabile che possono comportare serie conseguenze sulla deambulazione dell’animale. Effettivamente si può verificare inizialmente, nel caso in cui l’incongruenza tra testa del femore e dell’acetabolo è marcata, la sublussazione della testa del femore, cioè la parziale fuoriscita della testa dal suo alloggiamento; alla sublussazione fanno seguito altri eventi che concorrono ad aggravare il quadro patologico (erosione del cartilagine, rimodellamento osseo, artrite) fino alla comparsa degli elementi caratteristici dell’artrosi (fase cronica). Nei casi più gravi la testa del femore può uscire completamente dall’acetabolo (lussazione). Quadro Clinico La sintomatologia della displasia è molto variabile e non sempre dipende dalla gravità della lesione osservabile radiograficamente. I sintomi più frequenti, legati al processo infiammatorio, sono il dolore, la zoppia e l’asimmetria del passo durante la deambulazione. Il cane fatica ad alzarsi e rifiuta di salire le scale; inoltre, nel tentativo di scaricare il peso dell’articolazione dolorante, l’andatura diventa incerta e anomala. La corsa assume un aspetto caratteristico, il movimento è corto, contratto, per limitare l’oscillazione dell’articolazione. Spesso si osserva, durante la corsa, un’andatura particolare che viene definita “a coniglio”. Le masse muscolari della coscia si riducono di volume e vanno incontro ad atrofia. La palpazione e la manipolazione dell’anca durante la visita clinica provocano dolore. A volte è udibile uno scricchiolio articolare durante il movimento. La gravità dei sintomi e la progressione della patologia sono legati al grado di estensione dell’artrite nell’articolazione interessata. La diagnosi è facile quando la patologia è grave e la sintomatologia compare nei soggetti molto giovani, sotto i 10-12 mesi. In questi casi la radiografia servirà solo a confermare la diagnosi e a stabilire la gravità delle lesione. L'esame radiografico L’esame radiografico assume un aspetto importantissimo per le forme lievi e asintomatiche che possono riguardare i futuri riproduttori. È assolutamente necessario sottoporre tutti i soggetti da destinare alla riproduzione, sia maschi che femmine, ad un controllo ufficiale per la displasia anche in assenza di segni clinici. L’esame radiografico per il controllo ufficiale della displasia deve essere eseguito secondo un protocollo ben preciso che regola sia l’esecuzione pratica della radiografia sia la successiva lettura e interpretazione. I cani possono essere sottoposti a controllo radiografico dopo i 12 mesi di età (per alcune razze il controllo viene effettuato dopo i 18 mesi). In Italia esistono due Centrali di Lettura Ufficiali accreditate dalla FCI per la displasia dell’anca: una a Ferrara gestita dal Dott. Pareschi e una a Cremona organizzata dalla Fondazione Salute Animale. La radiografia può essere fatta presso un veterinario autorizzato che provvederà a spedirla, insieme al pedigree del cane, presso una delle due Centrali per l’interpretazione ufficiale. Viene quindi espresso un giudizio sull’articolazione che, in base alla classificazione FCI, può essere:
In altri Paesi esistono altri metodi di classificazione. Il più noto è il metodo “Willis”, utilizzato nel Regno Unito, che si basa sull’attribuzione di un punteggio alle varie strutture che compongono l’articolazione. Difatti l'articolazione viene suddivisa in nove parametri ed ad ogni parametro viene conferito un punteggio compreso tra 0 e 6 (ad eccezione del parametro 7 che avrà un punteggio tra 0 e 5). Quindi ogni articolazione può avere un punteggio massimo di 53 punti, ottenendo perciò per ogni soggetto valutato un totale di 106 punti che sta ad indicare la massima gravità possibile della displasia. Da qualche anno, l’Università della Pennsylvania ha messo a punto un nuovo e più approfondito sistema di valutazione che, negli Stati Uniti, sta suscitando l’interesse dei veterinari e di molte associazioni di razza. Esso permette di individuare molto precocemente, in cuccioli tra i 4 e i 6 mesi, i soggetti potenzialmente displasici. Questo metodo, detto PennHIP, si basa, attraverso l’esame di tre radiografie ottenute in tre diverse posizioni, sulla misurazione del grado di lassità dei legamenti prima che compaiano le lesioni articolari. Ciò potrebbe permettere di intervenire precocemente agendo soprattutto sui fattori causali ambientali. Scelta della terapia La consapevolezza che un cane displasico non può guarire deve essere la base fondamentale sulla quale designare l'adozione della giusta terapia, che quindi avrà come principale obiettivo il cercare di migliorare quanto più possibile la vita dell'animale. La scelta della terapia deve basarsi essenzialmente su quelli che sono i segni clinici e sull’estensione dei fenomeni artritici e artrosici, deve cioè tendere a ridurre il dolore quando e se presente e a permettere una vita serena. Ci sono cani che pur presentando articolazioni fortemente displasiche corrono, giocano e saltano come se niente fosse e altri che, con lesioni apparentemente meno gravi, sono completamente immobilizzati e manifestano forte dolorabilità. La terapia può essere medica e/o chirurgica e sempre abbinata a una serie di misure che permettono di migliorare l’efficacia della terapia scelta, la quale, è bene rimarcare, non sarà però mai in grado di ristabilire pienamente la funzionalità dell’articolazione una volta compromessa. La terapia medica si basa essenzialmente sull’uso di cicli di farmaci antinfiammatori non steroidei da somministrare sotto stretto controllo del veterinario con lo scopo di contenere il dolore quando è presente. Gli antinfiammatori possono essere eventualmente coadiuvati da sostanze e integratori che possono avere effetto protettivo sulle cartilagini. La terapia chirurgica, invece, è costituita da almeno cinque tipi diversi di interventi chirurgici che possono essere presi in considerazione in base all’età del cane e alle lesioni presenti. Tuttavia qualsiasi tipo di intervento scelto sarà comunque costoso, impegnativo, richiederà una lunga riabilitazione e non permetterà il ripristino della funzionalità totale dell’articolazione. Nei cani giovani (al di sotto dei 10 mesi di età) e in assenza di fenomeni artritici, si può intervenire con la triplice osteotomia del bacino (TPO). Essa consiste nel modificare la posizione dell’acetabolo in modo da impedire lo sgusciamento verso l’alto della testa del femore. In alternativa, nei casi in cui si è già verificata la sublussazione del femore, è possibile ricostruire artificialmente parte dell’acetabolo mediante un trapianto osseo; l’osso viene prelevato dal bacino dello stesso animale. Nei cani adulti, quando ormai si sono instaurate gravi lesioni refrattarie a qualsiasi terapia medica, è possibile ricorrere alla protesi dell’anca. La protesi permette di ripristinare gran parte della funzionalità biomeccanica dell’articolazione, ma il ricorso a questo tipo di intervento è ancora limitato a causa dell’alto costo. Quando i disturbi funzionali sono gravi si ricorre all’asportazione (ostectomia) della testa e del collo del femore. In pratica questo intervento elimina il dolore dovuto allo sfregamento delle parti dell’articolazione ormai danneggiate e fa sì che si formi una falsa articolazione fibrosa in grado di sostenere l’animale. L'intervento risulta avere un buon successo soprattutto nei cani al di sotto dei 20kg e con masse muscolari ancora ben sviluppate. Nei cani pesanti e con atrofia muscolare evidente i risultati sono scarsi o addirittura pessimi. Insieme a qualsiasi tipo di terapia delineata è importante effettuare dei giusti provvedimenti che aiutino ad aumentare l'efficacia del trattamento. Il primo accorgimento da intraprendere riguarda il controllo del peso corporeo dell'animale. Difatti bisogna evitare assolutamente l’eccessivo ingrassamento. L’aumento di peso può infatti aumentare gli stress meccanici che agiscono sull’articolazione. Anche un moderato esercizio fisico può essere utile, dato che il movimento è importante per mantenere a un buon livello il tono muscolare in modo da permettere il sostegno dell’articolazione. La giusta quantità di esercizio deve essere stabilita attraverso una serie di tentativi iniziando con piccole passeggiate, e deve essere tale da non provocare dolore all’animale. A questo scopo può essere molto utile il nuoto, in quanto da sì che il peso corporeo non gravi sull’articolazione compromessa. L’artrite peggiora con il freddo e l’umidità: bisogna perciò tenere il cane in un luogo ben riscaldato, e nelle forme croniche possono essere applicati dei cuscinetti riscaldati o borse d'acqua calda sulle articolazioni. IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE DI DISPLASIA D'ANCA NEL CUCCIOLO Abbiamo visto come la displasia sia una patologia molto seria, in grado di compromettere anche gravemente la qualità di vita del cane e delle sue prestazioni fisiche, e soprattutto come le cure, sia mediche che chirurgiche, non siano in grado di riportate il cane a una completa e totale funzionalità articolare. Per questi motivi è assolutamente indispensabile permettere una valutazione precoce dell'articolazione, in modo da consentire al medico veterinario di intercettare la malattia ai suoi esordi e di conseguenza attuare le misure necessarie per limitare il più possibile lo sviluppo. L'età giusta che permette di effettuare una diagnosi precoce attendibile di displasia d'anca, in base ai dati disponibili in letteratura ed alla nostra esperienza, è di 12-16 settimane nei cani di taglia medio-grande e di 18 settimane nei cani di taglia gigante. Difatti a tale età nel cucciolo in crescita compaiono i primi segni di alterazioni articolari che permettono al medico veterinario di stabilire l'eventuale tendenza allo sviluppo di una condizione patologica dell'anca; addirittura nelle forme più gravi, con lussazione congenita dell'anca, la diagnosi può essere effettuata anche più precocemente Frequente è l'abitudine di non far controllare cuccioli che provengono da genitori non colpiti da displasia o perchè all'occhio del proprietario non vi è alcuna sintomatologia evidente (zoppia). Ciò è estremamente errato poichè il fatto di discendere da genitori sani non garantisce al cucciolo di esserlo a sua volta, data la complessità della trasmissione poligenetica, cosi come molto raramente il cucciolo all'età di 3-4 mesi può manifestare segni clinici evidenti di displasia, ad eccezione delle forme più gravi, sia per il peso corporeo ancora ridotto e sia per la capacità della cartilagine articolare di sopportare gli insulti iniziali. La valutazione precoce dell'articolazione coxo-femorale consiste in un dettagliato esame ortopedico costituito da una verifica clinica mediante palpazione dell'anca ed uno screening radiografico statico e dinamico che ci permette di individuare i segni prodromici della malattia, nonostante la tenera età dell'animale. Quindi con il cucciolo leggermente sedato, affinchè non opponga resistenza alla manualità del medico veterinario, si inizia a palpare l'articolazione d'anca per verificare la positività al Test d'Ortolani, che fornisce una stima della stabilità della testa del femore all'interno della cavità acetabolare e quindi della presenza o meno di lassità articolare. Difatti, nelle articolazioni affette da displasia d'anca, applicando una leggera pressione sul ginocchio, con il cane in decubito dorsale, è possibile ottenere la fuoriuscita e l'entrata della testa del femore dalla cavità acetabolare provocando un "click" caratteristico che prende il nome di segno d'Ortolani e che rappresenta la presenza di un' eccessiva lassità capsulo-legamentosa dell'articolazione. Accertati quindi della presenza o meno di lassità articolare mediante test clinico è necessario comunque sottoporre il cucciolo ad un esame radiografico per verificare la morfologia dell'articolazione d'anca. Tale studio sussiste di:
utile per ottenere una piena descrizione sulla forma e sull'inclinazione del margine acetabolare dorsale, ossia la porzione d'acetabolo maggiormente soggetta al carico ponderale dell'animale. Difatti la parte laterale di tale margine in un soggetto sano si presenta netta ed appuntita, con la testa del femore perfettamente accolta nella cavità acetabolare, e con un'inclinazione rispetto alla linea tracciata perpendicolarmente all'asse maggiore del bacino inferiore a 7,5°.
Anestesia del paziente
(del 12/10/2012 @ 19:14:09, in Anestesia e chirurgia generale, linkato 3472 volte)
Anestesia: Paure e dolori per il proprietario Dolce dormire per il paziente Per qualsiasi intervento chirurgico, dal più consueto come l’ovarioisterectomia (sterilizzazione) al più complesso, lungo ed impegnativo intervento quali quelli di ortopedia e neurologia, è importante affidarsi ad un medico anestesista competente e di fiducia. Nella maggior parte degli interventi chirurgici l’anestesia generale può mettere a rischio la vita dell’animale, l’utilizzo di specifiche strumentazioni e nuove tecniche anestetiche possono minimizzare notevolmente le complicazioni . La nostra struttura è dotata di una macchina per l’anestesia gassosa. L’anestesia gassosa è il tipo di anestesia meno rischiosa, perchè in caso di problemi si può interrompere l’erogazione dell’anestetico a favore dell’ossigeno, impossibile nel caso di utilizzo di anestetici per via intramuscolare. Questo tipo di anestesia è indispensabile in caso di pazienti anziani ,oltre gli otto-dieci anni, oppure in pazienti con patologie cardiovascolari, polmonari croniche, epatiche, renali,o in caso di interventi di lunga durata. Visita preanestetica La visita preanestetica del paziente ha l'obiettivo di identificare i fattori di rischio e i problemi fisiologici individuali utili per la scelta di un appropiato protocollo anestesiologico. Per interventi poco rischiosi (come nel caso delle sterilizzazioni) i pazienti di giovane età vengono sottoposti ad un’accurata visita clinica ed esami del sangue minimi di base (ematocrito,proteine totali,azotemia) in modo da assicurarsi che rientrano nelle categorie ASA 1 e 2 per ciò che concerne il rischio nella pratica anestetica. Invece in pazienti anziani soprattutto se di piccola taglia (Yorkshire, Pechinesi,etc.) o per interventi chirurgici più rischiosi (in caso quindi di pazienti che possono ricadere nelle classi ASA 3-4-5) sono necessari esami del sangue più approfonditi associati eventualmente da radiografie, elettrocardiogramma, ecocardiogramma. Spesso soggetti anziani e di piccola taglia sono portatori di patologie cardiorespiratorie che si possono nascondere dietro una tosse saltuaria a volte considerata normale dai proprietari. Il problema che si nasconde dietro una tosse saltuaria può precipitare durante un' anestesia. E’ per questo motivo che in questi soggetti è importante l’utilizzo dell’anestesia gassosa che prevede l’intubazione orotracheale e la somministrazione di ossigeno. Gli esami del sangue di base, nella maggior parte dei casi, ci permettono anche di sospettare la presenza di malattie molto comuni nelle nostre zone come l’Ehrlichiosi e la Lehismaniosi. Queste patologie possono essere subdole e non svelabili dalla sola visita clinica e la sola presenza può compromettere il buon esito della pratica anestetica. Prima dell’anestesia è prassi garantire l'accesso ad una vena tramite il posizionamento di un catetere endovenoso in modo da poter eseguire una valida somministrazione di soluzioni saline durante l'intervento, che evitano sia la disidratazione che l’eccessivo abbassamento della pressione sistemica della quale ne sono responsabili tutti gli anestetici. Inoltre il posizionamento di un catetere endovenoso è di vitale importanza affinchè si possano somministrare i farmaci cosiddetti salvavita (come ad esempio gli agonisti adrenergici) in caso di necessità. La possibilità di somministrare ossigeno direttamente ai polmoni con l'intubazione orotracheale e di somministrare farmaci per via endovenosa può salvare molte vite di pazienti che presentano complicazioni anestesiologiche non sempre prevedibili. Il monitoraggio dell’animale durante l'anestesia e il funzionamento delle strumentazioni è indispensabile durante tutta la fase del mantenimento per conoscere la reazione del paziente al piano anestetico e prevenire complicazioni al loro insorgere e non quando può essere già troppo tardi. E’ per questo motivo che in sala operatoria viene garantita la presenza di minimo tre medici: un anestesista che esegue il mantenimento dell'anestesia monitorando l'animale, il chirurgo ed un aiuto. E' bene ricordarsi che l’anestesia non è una semplice somministrazione di un anestetico ad un paziente, difatti “non esistono farmaci anestetici sicuri, nè tantomeno procedure anestesiologiche sicure. Esistono solo anestesisti sicuri!!! Per operare con sicurezza è necessario scegliere accuratamente il protocollo farmacologico adatto sia allo stato clinico del paziente che alla procedura chirurgica da dover eseguire. Per aumentare i margini di sicurezza dell’ anestesia gassosa questa ultima può essere inquadrata nel concetto di “anestesia bilanciata”. Essa consiste nell’utilizzo di un insieme di farmaci narcotici diversi con lo scopo di ridurre i loro dosaggi e gli effetti collaterali ad essi legati, naturalmente mirando sempre al raggiungimento dei quattro obiettivi di una buona procedura anestetica: incoscienza, analgesia, miorilassamento e salvaguardia del paziente. Un'anestesia condotta con professionalità garantisce anche un dolce risveglio senza che il paziente manifesti vocalizzazioni, rigidità muscolare, eccessiva agitazione, dolore . Nella nostra struttura prestiamo particolare attenzione alla prevenzione e terapia del dolore . Difatti la percezione del dolore può influire negativamente sul risveglio e sul risultato chirurgico oltre che sul carattere del paziente nel decorso postoperatorio. Sia durante l’intervento chirurgico che durante il risveglio verrà prestata particolare attenzione ad un'ulteriore dispersione di calore corporeo del paziente, giacchè si potrebbe verificare una grave ipotermia che potrebbe implicare rischi aggiuntivi e tempi lunghi di risveglio. La fase del risveglio dall’anestesia fino alla normale ripresa di tutte le attività dell’organismo è una fase delicata che verrà seguita dall’anestesista. Il paziente verrà dimesso solo quando avrà superato la fase del risveglio e quando la temperatura corporea avrà manifestato un andamento verso la normalizzazione. Istruzioni utili per i proprietari per una corretta preparazione dell'animale all'anestesia
Anestesia e chirurgia generale (1)
Chirurgia ortopedica (1) Displasia dell'anca (1) Epilessia (1) Igiene del condotto auricolare (1) Igiene orale (1) Microchip (1) MODULISTICA (1) Protrusione-estrusione del disco intervertebrale (1) Risonanza Magnetica Nucleare (R.M.N.) (1) SERVIZI dell'AMBULATORIO (1) Sterilizzazione (1) Tomografia Assiale Computerizzata (T.A.C.) (1) Catalogati per mese Novembre 2012 Dicembre 2012 Gennaio 2013 Febbraio 2013 Marzo 2013 Aprile 2013 Maggio 2013 Giugno 2013 Luglio 2013 Agosto 2013 Settembre 2013 Ottobre 2013 Novembre 2013 Dicembre 2013 Gennaio 2014 Febbraio 2014 Marzo 2014 Aprile 2014 Maggio 2014 Giugno 2014 Luglio 2014 Agosto 2014 Settembre 2014 Ottobre 2014 Novembre 2014 Dicembre 2014 Gennaio 2015 Febbraio 2015 Marzo 2015 Aprile 2015 Maggio 2015 Giugno 2015 Luglio 2015 Agosto 2015 Settembre 2015 Ottobre 2015 Novembre 2015 Dicembre 2015 Gennaio 2016 Febbraio 2016 Marzo 2016 Aprile 2016 Maggio 2016 Giugno 2016 Luglio 2016 Agosto 2016 Settembre 2016 Ottobre 2016 Novembre 2016 Dicembre 2016 Gennaio 2017 Febbraio 2017 Marzo 2017 Aprile 2017 Maggio 2017 Giugno 2017 Luglio 2017 Agosto 2017 Settembre 2017 Ottobre 2017 Novembre 2017 Dicembre 2017 Gennaio 2018 Febbraio 2018 Marzo 2018 Aprile 2018 Maggio 2018 Giugno 2018 Luglio 2018 Agosto 2018 Settembre 2018 Ottobre 2018 Novembre 2018 Dicembre 2018 Gennaio 2019 Febbraio 2019 Marzo 2019 Aprile 2019 Maggio 2019 Giugno 2019 Luglio 2019 Agosto 2019 Settembre 2019 Ottobre 2019 Novembre 2019 Dicembre 2019 Gennaio 2020 Febbraio 2020 Marzo 2020 Aprile 2020 Maggio 2020 Giugno 2020 Luglio 2020 Agosto 2020 Settembre 2020 Ottobre 2020 Novembre 2020 Dicembre 2020 Gennaio 2021 Febbraio 2021 Marzo 2021 Aprile 2021 Maggio 2021 Giugno 2021 Luglio 2021 Agosto 2021 Settembre 2021 Ottobre 2021 Novembre 2021 Dicembre 2021 Gennaio 2022 Febbraio 2022 Marzo 2022 Aprile 2022 Maggio 2022 Giugno 2022 Luglio 2022 Agosto 2022 Settembre 2022 Ottobre 2022 Novembre 2022 Dicembre 2022 Gennaio 2023 Febbraio 2023 Marzo 2023 Aprile 2023 Maggio 2023 Giugno 2023 Luglio 2023 Agosto 2023 Settembre 2023 Ottobre 2023 Novembre 2023 Dicembre 2023 Gennaio 2024 Febbraio 2024 Marzo 2024 Aprile 2024 Maggio 2024 Giugno 2024 Luglio 2024 Agosto 2024 Settembre 2024 Ottobre 2024 Novembre 2024 Dicembre 2024
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Dott. Miele Roberto
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